Conan - Evidence of Immortality

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2022
Durata:51 min.
Etichetta:Napalm Records

Tracklist

  1. A CLEAVED HEAD NO LONGER PLOTS
  2. LEVITATION HOAX
  3. RITUAL OF ANONYMITY
  4. EQUILIBRIUM OF MANKIND
  5. RIGHTEOUS ALLIANCE
  6. GRIEF SEQUENCE

Line up

  • Jon Davis: guitar, vocals
  • Chris Fielding: bass
  • Johnny King: drums

Voto medio utenti

Nuovo disco per i pesi massimi dello sludge-metal, i Conan. Già il nome scelto dalla band di Liverpool può far intuire l'impostazione barbarica del loro sound, una sorta di trascinamento cavernicolo ultra-heavy, opprimente come il risucchio gravitazionale di un buco nero.
Nelle loro canzoni non c'è alcuna compiacenza verso l'ascoltatore, nessuna concessione alla raffinatezza, al rilassamento, all'allentamento della pressione sonica. C'è solo spazio per immagini di energumeni brutali che schiantano teschi con enormi clave, di sinistre creature che emergono strisciando da fanghi tossici, di pensieri nefasti devoti alla morte ed alla distruzione e così via senza tregua. Musicalmente, siamo di fronte ad uno sludge-doom metallico dal tonnellaggio estremo. Una sorta di macigno post-Sabbathiano che si inserisce perfettamente nel filone di Electric Wizard, Bongripper, Dopethrone, Slomatics, Acid Mammoth e di tutti quei gruppi che puntano sulle cadenze pesanti, distorte e terremotanti fino allo sfinimento.
L'immersione nel gorgo furioso e squassante è totale anche in questo "Evidence of immortality", quinto full-length della formazione inglese. Nulla è mutato dai tempi di "Monnos" o "Revengeance", se non una maggiore consapevolezza dei propri mezzi e la totale indifferenza a qualsiasi esigenza commerciale. I Conan si rivolgono alla schiera degli adepti, ai ricercatori accaniti di suoni lavici ed atmosfere apocalittiche, senza spostarsi di un millimetro dal sentiero tracciato sin dal principio.
I dieci minuti di marciume sludgy dell'iniziale "A cleaved head no longer plots" (titolo che non lascia spazio all'interpretazione) possono comodamente riassumere il resto del lavoro, tranne la parte finale che si distacca sensibilmente. Suoni rozzi e slabbrati, lentezza malata, muscolarità esplosiva (il drumming di Johnny King è come una tempesta meteoritica), il riffone rombante e la voce Sleep-iana di Jon Davis che emergono dall'abisso dopo la lunga introduzione slow-doom, tutto è come dovrebbe essere per chi conosce questo trio. L'incedere risulta ipnotico nel suo reiterare le cadenze ripetitive e sfibranti, come un brutto trip dal quale non si riesce ad uscire. Pesantezza tossica che fa impallidire molte metal bands che si ritengono dannatamente "heavy". Questa è musica a livelli Neanderthaliani, preistorici, da lotta per la sopravvivenza, con un sottofondo di ferocia impietosa e scenari da scontri tribali.
Si scivola nella successiva "Levitation hoax" quasi senza rendersene conto. L'impatto è il medesimo, con l'aggiunta di vibrazioni acide e velenose nel solismo colloso di Davis.
I Conan sono anche in grado di accentuare il groove, sempre nella loro visione grezza ed iconoclasta: "Ritual of anonimity" (brano più breve in scaletta) introduce alcune accelerazioni alla Electric Wizard e risulta sicuramente l'episodio più vicino alla versione moderna del doom metal (mi ha ricordato molto i The Gates of Slumber).
Se cercate una versione degli Sleep ancora più tossica e distorta, allora "Equilibrium of mankind" è la canzone ideale. Un caterpillar sonico sfiancante, delirante, che picchia nel cervello come un trapano e costringe a muovere la testa senza interruzioni (l'ho ascoltato più volte di fila, con tasso alcolico piuttosto elevato. Effetto dopaminico).
Molto simile l'altrettanto estesa "Righteous alliance", con un pizzico di maggiore dinamicità nel rifferama. Qui possiamo sottolineare il principale limite da sempre connesso con l'opera dei britannici: le soluzioni strumentali sono sempre le stesse. Un drumming monumentale, squassante, sul quale si innestano riff iper-ribassati ed il cantato, costantemente espresso con le medesime tonalità da tragedia vichinga. Evidente che o siete fans punto e basta, oppure dopo un paio di pezzi la frase più gettonata risulta "sì, bravi. Belli pesanti e cattivi. Però, sempre uguali". Cosa che si verifica, ad essere onesti, con tutto il movimento sludge. Stile estremo, reazioni divergenti. Una piccola parte di pubblico si tonifica facendosi annichilire dalla pesantezza stuporosa, tutti gli altri passano oltre.
Comunque, in questo album i Conan provano a congegnare qualcosa di diverso: i quattordici minuti di "Grief sequence". La lunghezza del pezzo dovrebbe comunque mettere in guardia, perchè si tratta pur sempre di percorso assai impegnativo. Una sorta di slow-horror-doom, sviluppato tra distorsioni metalliche ed arrangiamenti di tastiere gotiche e vampiresche. Gothic-sludge? Forse possiamo etichettarlo così. Uno sforzo di creare un'atmosfera più scenografica, tetra e decadente. Idea lodevole, ma spalmata su tempistiche a mio avviso insostenibili. Arrivati a metà del brano ci si rende conto che non accadrà nulla di sorprendente, come essere condannati ad avanzare in eterno dentro una valle immersa nelle tenebre. Positivo come esperimento divergente, discutibile come realizzazione.
In estrema sintesi, se siete sostenitori dei Conan questo è un ottimo lavoro con pregi e difetti insiti nelle loro caratteristiche. In senso più generale, una band tra le più pesanti in ambito sludge ma meno fantasiosi rispetto ad altri.

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