Goatwhore - Angels Hung from the Arches of Heaven

Copertina 8,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2022
Durata:47 min.
Etichetta:Metal Blade Records

Tracklist

  1. INVOCATION 3
  2. BORN OF SATAN'S FLESH
  3. THE BESTOWAL OF ABOMINATION
  4. ANGELS HUNG FROM THE ARCHES OF HEAVEN
  5. DEATH FROM ABOVE
  6. RUINOUS LITURGY
  7. VICTORY IS THE LIGHTNING OF DESTRUCTION
  8. VORACIOUS BLOOD FIXATION
  9. THE DEVIL'S WARLORDS
  10. WEIGHT OF A SOULLESS HEART
  11. NIHIL
  12. AND I WAS DELIVERED FROM THE WOUND OF PERDITION

Line up

  • Sammy Pierre Duet: guitars, vocals
  • L. Ben Falgoust II: vocals
  • Zack Simmons: drums
  • Trans Am: bass

Voto medio utenti

I Goatwhore rappresentano quella sorta di coperta calda, confortante che ti tiene al sicuro.
Perché il nuovo album concepito dai nostri, è un compendio di sozzura oscura senza compromessi che ti fa emettere un beato sospiro di soddisfazione dopo averlo ascoltato, soprattutto se paragonato alla spazzatura mainstream che viene propinata dalle radio principali nostrane.
L’accoppiata Duet/Falgoust ha imbarcato in questa nuova avventura il bassista Robert “Trans Am” Coleman ed il musicista non è certo un novellino avendo prestato i suoi servigi a formazioni come Hod e Ancient VVisdom.
Si inizia con la caliginosa intro “Invocation 3” che porta atmosfere infernali ed inquietanti scaturite da film come il mitico “Hellraiser”.
Ma la botta dietro la nuca la si riceve con la violenta seconda traccia, la marcissima “Born of Satan’s flesh”.
Qui si va a colpo sicuro con del death/black feroce dai cambi di tempo che vanno dal blast beat a ritmi cadenzati sempre condotti dallo scambio vocale scream, growl.
La titletrack sembra sputata direttamente dall’Inferno con quel riff vecchia scuola.
Qui si respira come dovrebbe essere veramente il metal estremo; nessuna concessione, pura atmosfera maligna e quel senso di dannazione eterna.
Con “Ruinous liturgy”, si va sul feroce death/thrash; riff serrati incandescenti con lo screaming pieno di odio puro ed un solo che fa scintille.
Anche in questo caso il quartetto sa giocare bene con ribaltamenti di fronte cambiando i tempi ritmici e un sapore ottantiano.
Nihil” è un proiettile nero come la pece ed incandescente come una lama rovente nella carne.
Qui si respira il thrash estremizzato a dovere da correnti death/black e un solo da leccarsi i baffi.
Ci sono voluti cinque anni per concepire questa nuova fatica, ma l’attesa non è stata vana, si candida assolutamente tra le mie top ten per quest’anno, mostruosi!

Recensione a cura di Matteo Mapelli

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