Copertina 8

Info

Anno di uscita:2022
Durata:48 min.
Etichetta:Frontiers Music

Tracklist

  1. SHIFTING TIME
  2. LET OUR LOVE WIN
  3. NEVER DIE YOUNG
  4. DON’T SAY A WORD
  5. MY BREATH AWAY
  6. HIGHWAY OF LOVE
  7. IT’S NOT OVER
  8. THE PRICE OF LOVE
  9. STANDING TALL
  10. ANNA LEE
  11. DON’T WANNA LOSE YOU
  12. I WALK ALONE

Line up

  • Kent Hilli: vocals
  • John Roth: guitars
  • Mike Brignardello: bass
  • David Huff: drums

Voto medio utenti

E ci risiamo … ancora una volta, di fronte a formazioni leggendarie contrassegnate da importanti variazioni nel personale artistico, il fedele appassionato si trova al cospetto della consueta girandola di annosi quesiti: saranno ancora loro? O il glorioso nome è sfruttato solo per mere questioni “propagandistiche”? E ancora, sarò in grado di valutare questa versione del gruppo senza farmi influenzare troppo dai fasti passati, fatalmente intrisi di nostalgica emotività?
Per quanto riguarda i Giant il sottoscritto c’era già passato ai tempi di “Promise land” (con l’ex-Strangeways Terry Brock dietro il microfono), decidendo, al termine di disorientamenti e ripensamenti, che la band, seppur perdendo qualcosa in fatto di personalità, era riuscita a non svilire una denominazione così amata ed eroica.
Shifting time” ripropone in pieno i dubbi del 2010 e, come vedremo, anche le conclusioni a cui si giunge dopo l’ascolto di un disco, diciamolo subito, assolutamente appassionante.
Con la voce e il songwriting di Kent Hilli e contributi alla composizione garantiti da Alessandro Del Vecchio (presente anche in “cabina di regia”), Michael Palace, Kristian Fyhr (7th Crystal) e Pete Alpenborg (Artic Rain), i Giant del 2022 possiedono tutte le qualità (pathos, grinta, istintività, …) necessarie a conquistare le vette della scena melodica contemporanea, ricca di talenti e di eccellenti professionisti, parecchi dei quali, però, non particolarmente “carismatici”.
Insomma, analogamente a quanto rilevato in passato, fare a meno di Dann Huff (che pure ha approvato l’intera iniziativa e concesso la sua chitarra nel singolo “Never die young”), Alan Pasqua, Mark Spiro e Van Stephenson, anche se i “rimpiazzi” sono certamente artisti di comprovato valore, non può proprio passare inosservato, e ciononostante sarebbe davvero ingeneroso bollare il “nuovo corso” del team come opportunistico e poco ispirato.
Partendo dal singer dei Perfect Plan, pretendere che cancelli il trademark di Dann è pura follia, e da musicista (e autore) intelligente e consapevole dei propri mezzi espressivi (enormi, per inciso …) quale è, nemmeno ci prova, intridendo i pezzi della sua tipica vocalità, intensa e stentorea.
Arrivati all’approccio stilistico dell’opera, con ampi margini di approssimazione e l’ausilio di un pizzico d’iperbole “giornalistica”, potremmo definire questo “Shifting time” il “Time to burn” dei Giant nel terzo millennio, rilevando un certo “indurimento” del suono rispetto al precedente “Promise land”.
Dopo l’intro evocativa della title-track, tocca alla bluesyLet our love win” dimostrare di che “pasta” è fatta questa incarnazione della band, una materia accattivante, energica e suadente che si apprezza altresì nella successiva “Never die young” (davvero una sorta di Perfect Plan meets Whitesnake meetsGiant!), pulsante di classe e pregna di notevole tensione emozionale.
Si continua alla grande con il magnetismo melodico di “Don’t say a word” (ottimo il refrain) e “My breath away”, per poi passare a una “Highway of love” che sebbene alimentata da un intrigante spirito hard-blues, non va oltre la piacevolezza.
Al “giro di boa” del programma, è doveroso sottolineare l’eccellente prestazione di John Roth (Winger, Starship), senza dubbio uno dei “seminuovi” (artefice di una prestazione di livello anche in “Promise land”) protagonisti dei Giant, in grado di intrecciare incisività e sensibilità alternando con sapienza “graffio” e languidezza, con quest’ultima che alimenta “It’s not over”, la Foreigner-escaThe price of love” e la gradevole ballata “Anna Lee”.
Buone vibrazioni le garantiscono anche “Standing tall” e “Don’t wanna lose you”, altre coinvolgenti escursioni nei battuti sentieri dell’hard-rock blues, mentre “I walk alone” aggiunge un pizzico di enfatico melodramma a una scaletta complessivamente priva di autentiche controindicazioni.
Shifting time” è dunque un albo estremamente competente, che soffre di pochissimi cali d’ispirazione, pur senza apparire particolarmente “caratterizzato” … tutto sommato la conferma di una statura ben oltre la media, degna di un monicker tanto Gigantesco.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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