Atrocity - Unspoken Names (Demo 1991)

Copertina 3

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2022
Durata:21 min.
Etichetta:Massacre Records

Tracklist

  1. SKY TURNED RED
  2. UNSPOKEN NAMES
  3. DEFIANCE
  4. A PRISON CALLED EARTH

Line up

  • Alexander Krull: vocals
  • Mathias Röderer: guitars
  • Richard Scharf: guitars
  • Oliver Klasen: bass
  • Michael Schwarz: drums

Voto medio utenti

Gli Atrocity sono un gruppo a suo modo storico per il Death Metal europeo (vedasi "Hallucinations" e "Todessehnsucht"), che dopo i primi album, ha fatto parecchio discutere per le successive svolte, tra sonorità più vicine al Gothic Metal piuttosto che al Symphonic, a stilemi più Alternative o per alcune potenti sbandate "Pop" avute nel corso della carriera.
Ben lontani dalla qualità mostrata dagli Ulver (un gruppo che ha quasi sempre sfornato album di grande qualità nonostante le continue svolte musicali avute di album in album), la band tedesca negli ultimi anni ha deciso di fare un parziale ritorno alle origini. Ciò è avvenuto con un discreto successo.

Alla fine del 2021 ad aggiungersi alla corposa discografia di questa band dalla storia molto particolare arriva l'ep "Unspoken Names" che altro non è che un Demo del 1991 contenente quattro canzoni che poi verranno inserita su "Todessehnsucht".
Stiamo parlando nell'ordine di "Sky Turned Red", "Unspoken Names", "Defiance" e "A Prison Called Earth".
Pertanto sapremmo già cosa aspettarci, visto che le canzoni pure in versione demo non si discostano più di tanto dalle versioni "finali" e un suono leggermente più rozzo (che è stato limato in questa release) ovviamente non può giustificare la presenza di questo Lp/digipack su un mercato sempre più saturo.

Ennesima uscita inutile che, giustamente, rimarrà sugli scaffali dei negozi fisici e/o online a prendere polvere.
Non si sa se l'ep in questione sia stato rilasciato per cercare di far cassa sui fans più sfegatati, sui collezionisti o per altre motivazioni, ma la sensazione di aver raschiato oltre il fondo del barile è ciò che rimane.

Recensione a cura di Seba Dall

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