Copertina 6,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2021
Durata:51 min.
Etichetta:Lucifer Rising

Tracklist

  1. THE BLACK PLAGUE
  2. ZORA
  3. UNDER SATAN’S SUN
  4. REBEL GOD
  5. TEMPLE OF THE RAIN
  6. RIDE THE DRAGON
  7. SUSPIRIA
  8. HERETICS
  9. THE WORLD IS DOOMED
  10. LUCIFER

Line up

  • Steve Sylvester: vocals
  • Al De Noble: guitars
  • Freddy Delirio: keyboards
  • Mark Lazarus: drums
  • Glenn Strange: bass

Voto medio utenti

Questo 2021 ha visto il ritorno di tante vecchie glorie (Iron Maiden, Helloween, Yes, PFM, Saga e Steve Hackett tra i tanti) e al novero di tutti questi ritorni prestigiosi, arrivano pure i Death SS con “Ten”. Parlare di questa band non è facile, infatti non bisogna tendere ad una certa partigianeria e al tempo stesso bisogna tenere conto di una storia sì prestigiosa, ma pure travagliata.
Parliamo di quella che a conti fatti è LA band Metal italiana, che in tempi remoti e lontani fece letteralmente la storia a livello sia nazionale che internazionale.
Dopo uno scioglimento fittizio durato pochi anni (e un altro nome aggiunto alla baracconata del valzer delle reunion) la band è tornata in pista con il discreto e altalenante “Ressurection”, seguito poi dall’ottimo “Rock ‘N Roll Armageddon” che nel 2018 oltre a scatenare alcune polemiche tra i bacia banchi nel sud Italia, riuscì addirittura ad entrare nella top 10 dei dischi più venduti nella settimana di lancio.

Tre anni dopo arriva il suo successore, anticipato dal singolo “Zora” e dalla tipica estetica erotico-horror che dà sempre ammanta di fascino lo storico gruppo italiano.
Ma dopo tante ciance al vento è giunta l’ora di parlare di questo album e questo decimo sigillo discografico come suona?

Altalenante, sicuramente e pure un po’ di maniera: molti pezzi sembrano provenire dal periodo che va da “Panic” a “The Seventh Seal”, con quell’Alternative Metal intriso di Industrial e Gothic: l’opener “Black Plague” ne è un fulgido esempio con le sue sonorità moderne, le melodie accattivanti arricchite da un coro gregoriano, il tutto ricorda i momento migliori del discutibile “Humanomalies”.
Si prosegue poi con “Zora”, un singolo alquanto orecchiabile ma altrettanto banale, nel quale troviamo un ritornello di poca sostanza e l’unico vero elemento positivo, un riuscito assolo di chitarra: in tutta onestà mi risulta strano come dei musicisti così navigati e con la loro cultura musicale siano riusciti a partorire una canzone del genere.
Con “Under Satan’s Suns” si ribadisce con ancora più forza un ritorno a determinate sonorità, con il tema portante del pezzo che ricorda parecchio “Deutchland” dei Rammstein e l’andatura del pezzo stesso, se non fosse per la voce di Steve, potrebbe benissimo provenire dalla discografia della band tedesca…
Con “Rebel God” invece si firma un pezzo da novanta e quello che ritengo essere il punto più alto del disco: chitarra solista Rock oriented, ritornello canterino, atmosfere non opprimenti e affascinanti vanno a creare un pezzo dannatamente catchy che dal vivo penso diventerà una presenza fissa dei prossimi live act dei Death SS, davvero un momento particolarmente positivo in questi minuti di musica.

Proseguendo, purtroppo l’exploit di poco fa non si ripete e difatti si continua con una strana altalena qualitativa; abbiamo una “Temple of the Rain” che è un altro pezzo che sa troppo di già sentito rispetto ad altri episodi del gruppo, “Ride the Dragon” che va ad essere il pezzo più veloce del disco ai limiti dell’Heavy/Power Metal che non si sa bene come sia finito qui e nel quale si fa notare in maniera positiva soprattutto per l’assolo tastiera-chitarra, la tenebrosa “Suspiria” nella quale purtroppo la chitarra è in seconda piano; si procede poi con “Heretics”, un pezzo acustico molto basilare e ripetitivo che non riesce minimamente a rivaleggiare con la cover di “The Glory of the Hawk” fatta nel lavoro precedente che era di tutt’altra pasta.
Si arriva poi ad all’altro highlits dell’opera, “The World is Doomed” infatti svetta per essere il pezzo più lungo di “Ten” con i sei minuti e rotti di musica nella quale trovano spazio atmosfere affascinanti che sanno unire in un sol colpo goticume vario a cosa più moderne, parti strumentale particolarmente interessanti e un Steve mai stucchevole dietro al microfono, mentre pure “Lucifer” ha l’amaro sapore del compitino pur se ben eseguita.

Il lavoro è suonato benissimo, Steve Sylveter è sempre un gran cantante e c’è una cura maniacale per quanto riguarda la produzione e la registrazione in sé anche se la chitarra ritmica spesso risulta soffocata rispetto alle tastiere. L’aspetto più riuscito del disco in questione ritengo essere i vari assoli di chitarra che sono sempre molto ben inseriti nei vari pezzi qui proposti, ma purtroppo ciò non basta a ripetere il mezzo miracolo fatto con il precedente “Rock ‘n Roll Armageddon” che riusciva ad essere un ottimo trait d’union tra le principali ere stilistiche dei Death SS.
Come valutare questo “Ten” quindi? Non parliamo sicuramente di un brutto lavoro, anzi, ci sono tanti aspetti positivi e i Death SS sono tra i pochi gruppi nostrani ad avere un livello realmente internazionale sotto diversi aspetti, ma purtroppo ci sono anche alcune zone d’ombra che in parte oscurano le cose positive dell’album.
Certo, parlare di delusione è esagerato, contando pure che Sylvester è in giro dal lontano ’77: se siete tra quelli che non hanno mai digerito la svolta presa con “Do What Thou Wilt” potete benissimo tirare avanti perché non vi farà cambiare idea, mentre se siete tra gli estimatori degli ultimi vent’anni di carriera, chi più chi meno, lo accoglierete bene, seppur con qualche peccato veniale tra queste note.

Recensione a cura di Seba Dall

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 02 nov 2021 alle 18:56

Gentile Seba Dall, ti segnalo che un piccolo paese del Sud Italia non rappresenta tutto il sud Italia. Così, solo per precisare…

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