Nel 2019 mi rallegravo della cresciuta dimensione raggiunta dagli svedesi Netherbird che, con "Into the vast uncharted" quinto disco della carriera, si segnalavano come vera alternativa ai soliti nomi in ambito melodic black/death metal.
Oggi il quintetto guidato da Bizmark e Nepenthe (al secolo Pontus Andersson e Johan Fridell) mantiene tutte le promesse e con "Arete" (pubblicato dalla sempre eccellente Eisenwald) conclude la trilogia iniziata con "The Grander Voyage" realizzando senza ombra di dubbio il proprio miglior disco.

I 44 minuti dell'album esplorano ogni aspetto del genere e lo esaltano con una prova maestosa capace di fondere momenti di serenità e bellezza ad esplosioni furibonde, lasciando fluire con sorprendente facilità passaggi acustici, riffs laceranti in tremolo, blast beats abrasivi e soli dalla disarmante melodia.
Ascoltare in sequenza -solo per rendere l'idea- la magnifica e multiforme "Towers of the night", la più cadenzata e drammatica "Void Dancer" e la violenta "Infernal Vistas" offre un quadro di ciò che il quintetto di Jönköping è in grado di fare, eppure si tratta solo della prima metà di "Arete".
Dalla successiva "Carnal Pentiment" l'album diviene più introspettivo, aprendosi spesso in lunghi fraseggi di chitarra sorretti ed enfatizzati dal poderoso lavoro di Fredrik Andersson dietro le pelli.
La chiusura è affidata al miglior pezzo del lotto, "Atrium of the storm" che, coerentemente con le idee diffuse in tutto il full length continua ad offrire riflessioni sugli alti e bassi della condizione umana, sul perseguimento degli ideali più elevati e sul terribile costo che ne deriva.

I Netherbird hanno composto - forse senza nemmeno rendersene conto - il loro album definitivo, un termine di paragone con il quale dovranno misurarsi nei prossimi anni, un lavoro che per quanto mi riguarda entra in ciabatte e con la sigaretta in bocca nella top ten 2021.

Netherbird - "Atrium Of The Storm"