Azrael - Act III: Self - Act IV: Goat

Copertina 4

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2007
Durata:120 min.
Etichetta:Moribund
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. SILENCE
  2. OBSCURE RITUAL INITIATION
  3. SEEPING INTO THE WOUND
  4. WORSHIP
  5. SWING THE BLADE
  6. DIMINISHED
  7. DOWN INTO BLOOD
  8. SEALING THE COFFIN
  9. UNTO THE EYE
  10. DEATH SHROUD
  11. WRITHING
  12. BURY THE SOUL DEEP INTO THE DAWN
  13. BEYOND THE CRYPT
  14. LIFELESS DUNGEON
  15. GRAVE WANDERER
  16. NOCTURNAL GOAT
  17. SUBMERSED
  18. DESCENT

Line up

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Seguo questo progetto musicale Americano sin dal suo esordio, ed è incredibile come da quel di ad ogni nuova uscita mi sono sempre ritrovato a combattere con la tremenda voglia di chiudere gli occhi e cadere nelle braccia di Morfeo. Azrael si tratta di un ensemble che produce il peggior Depressive/Avant-Garde Black Metal (come si definiscono loro... e che coraggio!) di sempre. Non una linea melodica che spunta per intelligenza, non un minimo di qualità, tutto scorre tramite una proposta monocorde e incolore. Ma il vero dramma non è tanto questo, il brutto è che in questa occasione non siamo dinanzi un singolo disco, no! Ma addirittura siamo alle prese con un doppio Lp per la durata di 2 ore, interminabili per agonia e dolore. Partendo dal primo capitolo intitolato Self bisogna subito mettere in chiaro una cosa, ossia un deciso miglioramento per quanto riguarda la produzione, più pulita e curata, almeno quello. Per tutto il resto? Ecco il problema è semplicemente questo, tutto il resto non esiste, a parte un'ora di litanie mortali e tediose. Il sound per essere più precisi si sviluppa tramite riffs dilungati e liquidi che solo ogni tanto fungono per quello che dovrebbero esistere, devastare tutto. Il difetto maggiore è che sono semplicemente forzati e poco spontanei, soprattutto in canzoni che potrebbero durare "tranquillamente" quattro minuti, ma la situazione non cambierebbe molto, ma almeno sarebbe meno dura da sopportare. Riepilogando: riffs eterei ed interminabili, noiosi, spenti, piatti e pure bruttini, è proprio necessario continuare questa recensione? Si. Perchè voi dovete sapere, per poter evitare, oggi giorno 15 euro sono tanti, e chi vuole capire capisca. Già dall'opener del primo cd, Silence, si può intuire che il viaggio appena iniziato non sarà facile, un intro lunghissimo a base di violoncello che non va da nessuna parte, figuriamoci poi di canzoni come Obscure Ritual Initiation, Swing The Blade e Sealing The Coffin, il "bello" è che potrei citare la tracklist intera. Io non so quali siano gli obbiettivi di questa band, quali sensazioni vogliono suscitare negli ascoltatori, il fatto è che comunque ad un punto preciso ci sono arrivati, a sbigumare i maroni, e potrebbe essere anche un punto di merito nei loro confronti, visto che non mi sembra vogliano risultare allegri e ottimisti con la loro musica. E questo è tutto per quanto riguarda la prima parte chiamata Self, un'ora piena ci terrei a ribadirlo. Passando invece alla seconda parte si ha l'illusione (perchè di questo si tratta) che qualcosa è cambiato, ma è solo lo spazio della prima traccia Death Shroud, oggettivamente un sufficiente brano Black Metal, prima di ripiombare nuovamente nell'apocalisse più totale. Goat, ossia il secondo capitolo di questa opera devastante ha dalla sua parte sostanzialmente gli stessi errori della prima, è prolissa, sconclusionata, poco ispirata, polverosa, pesante, ruvida, forzata, e potrei continuare ad eternum. Il buio regna sovrano, ma nel peggior senso possibile, non si vede uno spiraglio di luce, nulla che riesca a coinvolgere l'ignaro ascoltatore. Il punto è questo: negli USA nessuno mette in dubbio che ci siano ottime realtà estreme, e mi vengono in mente Xasthur, Khrom, Leviathan... fra l'altro tutte e tre militano negli stessi territori artistici degli Azrael, con la sostanziale differenza che questi sanno il fatto loro, e non serve un genio per potersene accorgere, casomai un minimo di orecchio. Non ho altro da aggiungere, già un solo album era pesante da sopportare, figuriamoci ad arrivare fino in fondo a due, un suicidio.
Recensione a cura di Andrea 'BurdeN' Benedetti

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