Bunker 66 - Beyond the Help of Prayers

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2021
Durata:32 min.
Etichetta: Dying Victims Productions

Tracklist

  1. TO THE GATES OF DEATH - LAIR OF THE PROFANER
  2. THE BLACKEST OF OMENS
  3. THE RITE OF THE GOAT
  4. SUMMON THE EVIL LORDS
  5. AT OUR MASTER'S BEHEST
  6. MALICIOUS... SEDITIOUS...
  7. REGRET EVERY BREATH
  8. DIE ON MONDAY
  9. BEYOND THE HELP OF PRAYERS

Line up

  • Damien Thorne: bass, vocals
  • J.J. Priestkiller: guitars
  • Dee Dee Altar: drums

Voto medio utenti

Seguo i Bunker 66 da sempre, fin dalla pubblicazione del primissimo EP “Out of the bunker” del 2009, ed ho ben presente le evoluzioni del loro sound nel corso degli anni. Partiti con un metal primordiale sulla falsa riga di mostri sacri come Venom, Motörhead, Celtic Frost, hanno via via arricchito la propria proposta inserendo innesti più blackosi da una parte, e più speed/classic metal dall’altra, rendendo le proprie composizioni più ricche ed interessanti, senza snaturare di un’oncia il proprio trade mark.

Del gruppo siculo ho sempre ammirato la coerenza e l’appartenenza all’underground più vero e sincero, non hanno mai cercato di fare quello che non gli compete, hanno sempre continuato a sudare sul palco quanto in cantina, e durante l’ascolto di “Beyond the help of prayers” tutta questa genuinità è palpabile brano dopo brano.

Prima parlavo di “nuove” influenze… beh, partirei dalle parti vocali pulite di Danien Thorne che si incastrano alla perfezione su riff più tipicamente classic, mentre a fare da contraltare ci sono degli indurimenti del suono con inserti alla Darkthrone, quelli più punkeggianti di metà anni 2000 per capirci. Di carne a cuocere ce n’è abbastanza, quindi, nonostante la proposta di partenza non sia storicamente predisposta ad arricchimenti eccessivi…

Questo inoltre è il secondo album che vede alla chitarra J.J. Priestkiller (ex Schizo, ex Zora, ed un’altra decina di band), che si è integrato perfettamente agli altri due compari, rendendo la line up solida e stabile. Di tutto ciò, ovviamente, risente anche l’album, più maturo e completo rispetto ai suoi predecessori. Se proprio dovessi fare il rompiscatole, direi che l’unico piccolo neo del disco è che, pur durando soltanto 32 minuti, l’ascolto risulta leggermente pesante, forse per la monoliticità della proposta, dando l’impressione di ascoltare un lavoro ben più lungo di quanto in effetti sia.

Ma, come dicevo, si tratta di qualcosa che non scalfisce minimamente il valore dell’album, e che conferma la genuinità ed il valore della band siciliana, che ormai, dopo quasi 15 anni di militanza, ha davvero ben poco da dover ancora dimostrare.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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