“
Complicare è facile, semplificare è difficile.
Per complicare basta aggiungere tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose. Tutti sono capaci di complicare. Pochi sono capaci di semplificare”.
Credo valga la pena fidarsi del geniale
Bruno Munari, e di certo i
Bewitcher hanno dimostrato, sino ad oggi, quanta verità si annidasse nelle sue parole.
Il nuovo “
Cursed be thy Kingdom” avrà continuato nello stesso solco?
Ad un primo ascolto la risposta sembra affermativa:
- il
blackened speed thrash di matrice ottantiana costituisce ancora il fulcro del
sound;
- l’
album dura 36 minuti e solo una delle dieci canzoni che compongono la
tracklist supera i 5;
- nei solchi del
platter si rinvengono ancora echi di due gruppi che hanno fatto della semplificazione un'arte, ossia
Venom e
Motörhead.
Eppure, già soffermandosi sul bellissimo
artwork a firma
Paolo Girardi -sempre più una garanzia- s’insinua il sospetto che “
Cursed be thy Kingdom” possa fungere da ponte per una evoluzione sonora improntata a soluzioni più ragionate e, perché no, melodiche.
Altri indizi a suffragio di questa ipotesi:
- la produzione ottenuta da
Armand John Anthony (
Night Demon) negli studi californiani di
The Captain’s Quarters suona molto (troppo?) levigata e
classic metal rispetto ai dischi precedenti;
- “
Mystifier (White Night City)” sembra estrapolata dal
songbook dei
Tribulation, mentre “
Satanic Magick Attack” attinge dalla
NWOBHM più sulfurea;
- “
Valley of the Ravens”, udite udite, rallenta addirittura i ritmi, crogiolandosi in atmosfere magniloquenti dal sapore quasi
epic.
Non temete: quando vogliono, i
Bewitcher sanno ancora comporre brani che farebbero staccare la testa dal collo a furia di
headbanging anche a
Maria Antonietta -scusate, mi è venuta così-.
Vi basti posare le orecchie su schegge impazzite come la
title track, “
Electric Phantoms” o “
Death Returns…” per chiarimenti a riguardo.
Insomma, i segnali sono contrastanti, ma ho maturato la convinzione che i
Bewitcher stiano per salpare verso nuovi lidi, e che questo “
Cursed be thy Kingdom” verrà ricordato, tra qualche anno, come il classico disco di transizione.
Al di là delle mie fallaci suggestioni, discutiamo comunque di una compagine di valore e di un prodotto ben realizzato e godibilissimo.
Vedremo quel che ci riserverà il futuro; nel frattempo un ascolto, fossi in voi, lo concederei eccome.
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