Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:39 min.
Etichetta:Nuclear Blast
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. OUTCAST
  2. I CHOKE
  3. AMBUSH IN THE NIGHT
  4. I’M AGAINST
  5. WE RISE
  6. RED I
  7. WHO CAN I TRUST
  8. LEAVE ME ALONE
  9. FUEL MY FIRE
  10. I CONFRONT MY ENEMY
  11. HELL IS HERE
  12. CHAMUNDA

Line up

  • Zoltàn Farkas: vocals
  • Tomas Schrottner: guitars
  • Csaba Farkas: bass
  • Jòzsef Szakàcs: drums

Voto medio utenti

Forse non esiste nel panorama musicale, non solo metal, un esempio di clone-band più clamoroso degli Ektomorf, band magiara giunta al terzo disco su Nuclear Blast (ma alle spalle ha altri quattro dischi).
L’amore viscerale e incondizionato di Zoltan Farkas per i Sepultura, i Soulfly e più in generale per Max Cavalera, trasuda, si evince, è impresso come un marchio di fuoco in ogni singola nota di questo “Outcast”. Perfino gli elementi tzigani, che avevo già apprezzato sia sul precedente “Instinct” sia sull’ancora precedente “Destroy”, sono solo un elemento che vale a caratterizzare la musica degli Ektomorf, così come gli elementi tribali valevano a caratterizzare i Sepultura.
Dall’iniziale title-track, passando per la devastante “I’m Against” e l’altrettanto massiccia e quadrata “Leave Me Alone”, la solfa non cambia. Presente anche la cover di “Fuel My Fire”, dei Prodigy, a sua volta cover della omonima canzone delle L7.
Certo ci troviamo di fronte a musica che ha quale unico intento quello di spaccare, e ad essere onesti fino in fondo il disco è bello violento, thrash/core vitaminico e testosteronico, anche grazie alla potente produzione di tue Madsen.
In attesa del ritorno agli alti livelli della famiglia Cavalera, nonché dei Sepultura e dei Soulfly, gli Ektomorf possono essere un valido palliativo. Non staremo qui a sindacare sull’originalità e sull’opportunità, da parte della band, di proporre un suono così derivativo. Perché altrimenti questo disco non avrebbe ragione di esistere. E comunque è sicuramente migliore di “Instinct”, anche se non ai livelli di “Destroy”.
Però chi voglia una sana mezzora di musica violenta e ben suonata, può farsi avanti.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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