Copertina 5,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2021
Durata:36 min.
Etichetta:Sliptrick Records
Distribuzione:Asher Media

Tracklist

  1. KINDRED
  2. DEMONS
  3. PRECIPICE OF MAN
  4. BALTIC FLEET
  5. VARYAG AND THE SHRIKE
  6. SONS OF VELES
  7. SUNSHINE (BLOOD SUN EMPIRE)

Line up

  • Tyler Corbett: guitars
  • Taylor Gibson: drums
  • Evgeniy Zayarny: vocals

Voto medio utenti

Quante chances puoi dare ad un gruppo? Quante possibilità ci sono che un act, che magari al suo primo album ti ha stuzzicato ma non esattamente 'colpito', possa alla fine confermare che si trattava di arrosto, e non di fumo? La storia è piena di bands che partono in sordina, con esordi acerbi e/o poco focalizzati, e poi raddrizzano il tiro, trovando la propria nicchia espressiva e dando vita a capitoli piacevoli ed importanti, ed è così in qualsiasi genere, anche al di fuori del nostro amato metallo-e-affini.

Bene, i canadesi Red Cain rientravano perfettamente nella categoria. La creatura del russo-canadese Evgeniy Zayarny, ora ridotta (almeno nella line-up ufficale) ad un trio, aveva stuzzicato le mie 'papille sonore' (immagine di rara bruttezza) con il debut "Kindred: Act I", pur lasciandomi dei dubbi. Il problema era la eccessiva dispersività della proposta, che in un solo album andava a pescare in territori Evergrey, Kamelot, Rammstein, Amaranthe (adesso non esageriamo), mescolando impatto, elementi progressive, botta marziale e vocals strane e non sempre convincenti, con un retrogusto un po' Depeche Mode... Allora concessi alla band il beneficio del debut, aspettandoli alla seconda prova.

E così, due anni dopo, eccoci a "Kindred: Act II". Cosa è cambiato? Niente, i Red Cain continuano a proporre quella miscela strana, sbilanciata, tra suggestioni folk ("Baltic Fleet" su tutte, ma non solo), sfuriate al limite dell'industrial ("Sons of Veles", ad esempio), ed un miscuglio simile a quello del debut, stavolta con l'aggravante della recidiva. Se questo è veramente il centro stilistico della band, allora abbiamo un problema di dispersività, poca fruibilità, e molto spesso della ricerca dell'effetto sorpresa (e penso soprattutto al modo di cantare di Evgeniy, ma anche agli arrangiamenti spesso 'sconclusionati' ed eccessivamente roboanti), tutti fattori che di sicuro collocano l'album (e la band) in un settore fuori dai settori, ma che allo stesso tempo mi lasciano fin troppo pensieroso e poco soddisfatto.

Insomma, cari lettori, è una di quelle bands dove il giudizio soggettivo può fare la differenza in maniera sostanziale. Dategli un ascolto, in rete si reperisce di tutto. Personalmente, anche questo secondo atto ha i difetti del primo, e non mi convince. Rimango dubbioso.



Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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