Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2020
Durata:49 min.

Tracklist

  1. 1914
  2. ALTAR OF THE GUN
  3. WELCOME THE BLITZ
  4. NISEI
  5. PULSE OF THE DARING
  6. AN ACT OF VALOR
  7. NO YEARS RESOLUTION
  8. THUNDERBOLT
  9. OMAHA
  10. NOT FOR NOTHING

Line up

  • Ryan Knutson: vocals, guitars
  • Jon Parker: guitars
  • Sheldon Swan: guitars
  • Collin Citrowski: bass
  • Bobby Cook: drums

Voto medio utenti

I March In Arms sono in attività sin dal 2012 e da allora hanno realizzato qualche singolo e due soli full length, entrambi autoprodotti anche se, vista la qualità di questo "Pulse of the Daring", avrebbero sicuramente meritato il supporto di una etichetta discografica.

Se la scelta di indirizzare le proprie liriche su tematiche di guerra, passando dai campi di battaglia delle Somme, da Mogadiscio e fino al D-Day, potrebbe far pensare ai Sabaton, musicalmente siamo da tutt'altra parte, con il quintetto statunitense che spazia nel folto e variegato panorama Power & Speed made in US, tra gruppi come Deaf Dealer, Liege Lord, Jag Panzer, Megadeth, Vicious Rumors e con più di qualche rimando nei confronti degli Iced Earth, accentuato soprattutto a livello vocale, sia nell'impostazione dei cori sia nella prova del cantante Ryan Knutson, che già dall'opener "1914" e da "Altar of the Gun" (qui si fa forte anche l'influenza dei Metallica) che lasciano intravedere modi alla Matt Barlow. Ma al di là di questo accostamento va riconosciuto a Knutson di non scimmiottare mai l'ex Iced Earth, anzi, grazie al suo timbro caldo e profondo, si rivela uno dei punti di forza del disco. Direi assieme alla prova delle chitarre, che sono ben tre dato che a Jon Parker e Sheldon Swan si va ad aggiungere pure lo stesso frontman. I suoni si fanno poi catchy ed ottantiani, prima con "Welcome the Blitz" e poi con "Nisei", quindi i nostri riprendono un passo marziale, più malinconico sulla titletrack e poi più epico e minaccioso nella seguente "An Act of Valor", dove si odono riecheggiare i Manowar. E' giunto il momento di riprendere nuovamente velocita e i March In Arms si appoggiano così alle thrasheggianti "No Years Resolution" (con quel groove tra Pantera e Machine Head) e "Thunderbolt", con le chitarre belle spesse e che alternano stilettate affilate e passaggi più melodico. E proprio "Thunderbolt" si rivela un episodio decisamente ben riuscito, con quelle aperture epiche che ne caratterizzano il finale. Da un titolo come "Omaha" ci sarebbe da aspettarsi un avvio al fulmicotone e tambureggiante, invece ci troviamo alle prese con un mid-tempo piuttosto variegato, con diverse soluzioni che si incrociano e rincorrono, nel complesso non esaltando pur ottenendo buoni risultati. All’appello manca solo la conclusiva "Not for Nothing" dove dopo un avvio manowariano i March In Arms si rimettono a svariare su più fronti, piazzano il miglior refrain del disco e si fa anche più forte il contributo delle due special guest: Esther Nissen al violino e Audrey Graber al violoncello. Bel modo per chiudere l'album.

Per quanto i March In Arms non inventino nulla di nuovo, mettono in mostra un ottimo potenziale, che hanno già iniziato ad esprimere.
Mi aspetto molto dal loro terzo album.




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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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