Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2006
Durata:60 min.
Etichetta:Lizard/Andromeda Relix
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. BAMBINA REGINA
  2. ROSA
  3. DIANA
  4. MONSIEUR VERDOUX
  5. MARI
  6. LIBERA
  7. UMBRIA
  8. LUMINOSA
  9. METRO'
  10. CONTRASTO DELLA VILLANELLA
  11. PICCOLINA
  12. TERRAMARE

Line up

  • Leonardo C. Bonetti: vocals, bass, synthesizer
  • Fabio Brait: guitars
  • Aldo Orazi: drums
  • Paola Feraiorni: vocals
  • Tonino De Sisinno: percussions

Voto medio utenti

Fin dai tempi dei suoi primi demo-tapes si capiva che il gruppo degli Arpia non sarebbe stato "uno dei tanti". La sua ricerca sonora e lirica, all’inizio ovviamente "primitiva" e poi via via maggiormente matura e organizzata, non poteva non distinguerlo dalla "massa" rendendolo, almeno per quanto mi riguarda, una delle realtà più ricche di talento e di carisma dell’intero panorama musicale italiano.
Dagli esordi ad oggi non è mai stato facile definire precisamente la musica proposta dalla band romana, in grado di mettere in difficoltà anche la più smaliziata critica specializzata e ripagare chi aveva avuto il coraggio di rischiare le proprie "orecchie" in qualcosa d’indefinibile, con un’esperienza veramente rara e originale.
Per chi non conoscesse l’arte straordinaria del terzetto capitolino tenterò di dare qualche indizio utile per comprendere la sua grandezza, praticamente già sicuro comunque dell’inevitabile inadeguatezza delle mie parole … è difficile, insomma, "spiegare" quello che personalmente considero un esempio prezioso di genio e potenza emotiva, purtroppo, almeno fino ad ora non completamente compreso.
Immaginate una miscela sonora che prevede inquietanti e mistiche atmosfere oscure, trame fantasiose indice di assoluta libertà espressiva, testi arguti e seducentemente "ermetici" e una forza "d’urto" nelle strutture portanti che fa da filo conduttore all’iridescente quadro complessivo, e avrete vagamente un’idea di quello che gli Arpia sanno fare con l’intelligenza e i loro strumenti.
Più conturbanti di molte formazioni esplicitamente "gotiche", sperimentali di tanto "progressive" da cartolina, profondi dei numerosi casi di snobismo "finto-intellettualoide" ed efficaci di un certo hard ‘n’ heavy patinato, i nostri proseguono nel loro incredibile percorso di crescita, piazzando, a distanza di ben undici anni dal precedente "Liberazione" un altro incredibile manifesto del loro valore di grado superiore.
Teatralità nelle interpretazioni e spessore nei testi tornano, oltre alle fondamentali caratteristiche stilistiche (con un incremento della componente puramente istintiva), anche in questo nuovo "Terramare" e laddove il disco del 1995 si prefiggeva il recupero nella memoria storica del nostro paese (un tema sempre fortemente attuale) a distanza di cinquant’anni dalla liberazione dal nazifascismo, spinto dall’esigenza di riappropriarsi di una storia collettiva attraverso storie individuali, in questo prodotto nato dalla collaborazione tra la Lizard e l’Andromeda Relix, gli Arpia affrontano il tema "[…] dell’esperienza erotica del mondo […]" dove "[…] Terra e Mare, elementi di fisicità e sessualità […]", sono i "[…] poli di una continuità reale e riconoscibile, orizzontali e appartenenti entrambi ad un gioco di contrasti comunemente accettati, in cui ogni elemento rispetta il suo ruolo dall'alto dell'ironia di chi già conosce le possibili combinazioni amorose. Terra e Mare, uomo e donna, su un piano comune, dove il sentimento del mistero dell'altro è vivo e messo in gioco continuamente". Il tutto è osservato in un’ottica "pagana", in cui "[…] L'elemento divino è escluso, il cielo è senza dio e le uniche divinità sono quelle classiche dei boschi e dei mari, simboli antichi della sessualità.", come recita il materiale che fa da corollario informativo all’uscita del Cd.
Tale esplorazione viene spesso attuata attraverso un’ispirazione "classica" che chiama in causa poeti quali Guido Cavalcanti, Torquato Tasso, Cielo d’Alcamo, Rinaldo d’Acquino, Ciacco dell'Anguillaia, attuando una rilettura dei loro scritti, ma non spaventi oltremodo, però, questa scelta liricamente "erudita": oltre ad accrescere ulteriormente il fascino dell’opera potrebbe indurvi ad ampliare i Vs. orizzonti culturali, qualora non conosceste (come me) gli ultimi tre meno noti scrittori appena menzionati o aveste qualche difficoltà anche con i due più famosi, magari a causa di un’idiosincrasia di derivazione scolastica.
Chi, poi, non fosse interessato a questo tipo di cose potrà, in ogni caso, godere di una musica che, pur nella sua ingegnosità, non è affatto "austera", sa anche essere "diretta" e naturalmente coinvolgente evitando, quindi, il rischio di un’artificiosità bizantina e rappresentando un cibo per la mente che non dimentica di nutrire gli altri organi sensori dell’ascoltatore.
"Terramare" offre una sequenza di canzoni favolose, che inizia con le irruenze di "Bambina Regina" e prosegue con la bellezza abbagliante di "Rosa", dove le rime giullaresche di Cielo d’Alcamo diventano un intrigante mezzo espressivo per le voci di Leonardo Bonetti e dell’ospite Paola Feraiorni, protagonisti di questo "contrasto" (componimento sotto forma di dialogo tipico delle forme metriche popolari del duecento e del trecento) dal clima suadentemente "folclorico" e di rara suggestione.
Tensione ed inquietudine caratterizzano le evoluzioni di "Diana", "Monsieur Verdoux" celebra l’omonimo film di Charlie Chaplin con fraseggi di hard-rock "quasi" tradizionali e un bel contrappunto tastieristico, "Mari" riprende le tipiche ambientazioni solenni e "dolorose" del gruppo, mentre le splendide sospensioni e il ritornello "stranamente" assimilabile di "Libera", rendono l’autore della "Gerusalemme liberata" (parte del testo è liberamente ispirata al suo madrigale "Tacciono i boschi e i fiumi") un formidabile e "moderno" coadiutore alla composizione.
"Umbria" è un gioiellino di pathos e cupa mutevolezza (ah, quelle tastiere così tenebrose!), "Luminosa" fa onore al suo nome con un arpeggio sognante e vaporoso, poi germoglia con la forza delle chitarre e delle ritmiche, svelando linee melodiche ad elevato coefficiente di coinvolgimento e il solito mirabile crescendo interpretativo, fino a trasformarsi in una sorta di arcana ballata che ammalia con i versi di Cavalcanti, uno dei più autorevoli esponenti del "Dolce Stil Novo" fiorentino.
In "Metrò" viene abbandonato il linguaggio "in punta di fioretto" e i vocaboli si fanno espliciti, così come le note, sempre cangianti, sembrano più minacciose e sferzanti, "Contrasto della villanella" (ancora con il contributo della Feraiorni) alterna durezze cadenzate ad accelerazioni veementi in aperta rotta di collisione con le delicatezze languide di "Piccolina".
Degna conclusione con la fosca e vibrante title-track; ipnotica e tormentata, essa offre un ulteriore saggio della vocalità ardente di Paola Feraiorni che questa volta si accolla in maniera esclusiva l’onere della conduzione del microfono.
Leonardo Bonetti, Fabio Brait e Aldo Orazi, sono loro gli artefici di questo suono che dal 1984, pur centellinando le sue apparizioni, pungola il cervello e strapazza il cuore e lo "stomaco" … fermatevi ad ascoltarli e il tempo sembrerà fermarsi anch’esso per consentirvi di farlo al meglio.
Imparerete ad amarli e forse, tutti insieme, faremo in modo che non debba passare un altro decennio prima di vederli incidere l’ennesima meraviglia.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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