Copertina 5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2020
Durata:74 min.
Etichetta:Golden Robot Records
Distribuzione:Firebrand

Tracklist

  1. THE WIND OF HEAVEN (PROLOGUE)
  2. ALL IN
  3. FAITH HOPE LOVE
  4. THE SOUND OF DREAMS (FIRST MOVEMENT)
  5. THE SOUND OF DREAMS (SECOND MOVEMENT)
  6. THE SOUND OF DREAMS (THIRD MOVEMENT)
  7. ROAD TO NOTHINGNESS
  8. ROOM WITH DARK CORNERS
  9. HOLD BACK THE RAIN
  10. TWIN FLAMES AT TWILIGHT
  11. SO FAR FROM HOME
  12. THE WIND OF HEAVEN (EPILOGUE)

Line up

  • David Minasian: keyboards, 12 String acoustic guitar, vocals, bass
  • Justin Minasian: guitars

Voto medio utenti

David Minasian è un compositore e poli-strumentista americano, noto per aver collaborato con il cinema per varie colonne sonore, oltre ad aver lavorato per riprese live e/o studio con vari artisti, tra cui potrei citare Camel, The Moody Blues, Three Dog Night e tanti altri.

Collocato il nostro uomo nella nicchia che gli compete, passiamo alla parte prettamente musicale. Il qui presente "The Sound of Dreams" è il secondo album dopo il precedente "Random Acts of Beauty", che piacevole interesse aveva suscitato nell'ambiente, ormai 10 anni fa. A coadiuvare David in questo suo viaggio sonoro è come sempre il figlio Justin alle chitarre e una pletora di amici/professionisti, da P.J. Olsson (Alan Pasrons Live Project) allo stesso Justin Hayward dei Moody Blues, e molti altri. Il risultato è un album decisamente sognante, come il titolo suggerisce, ma forse 'un pò troppo'. Mi spiego: le composizioni di Minasian sono sicuramente interessanti, ma sembrano sempre come abbozzate e mai pienamente sviluppate, come se in fase di arrangiamento ci si fosse fermati un pelo prima della tracking ufficiale, e questi fossero i (più che buoni) demo della pre-produzione. La sensazione è avvalorata dalla quasi totale assenza di batterie vere, dai solos decisamente raffazzonati e da strutture compositive ridondanti, che sacrificano la fruibilità sull'altare di un certo onanismo compositivo. Intendiamoci, ascoltare la suggestiva voce di Olsson su "So far from Home" mette i brividi, e di altri momenti piacevoli se ne trovano facilmente, qua e là; tuttavia, il lavoro di David Minasian rimane quasi un prodotto di nicchia, per gli amanti di sonorità eteree e fluide, che sappiano prendersi il tempo e lo spazio adeguato per lasciar maturare le suggestioni di un album un pò troppo new age e un pò (troppo) poco rock.

Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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