Bonedryver - Ain't Too Pretty, Ain't Too Proud

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2020
Durata:40 min.
Etichetta:Bonedryver Music

Tracklist

  1. ROLLIN' STONED
  2. DR. MOONSHINE
  3. GOD BLESS AMERICA
  4. WHITE TRASH
  5. NO MAN'S LAND
  6. HELLRIDE
  7. BLUE EYES
  8. GOOD DAY TO DIE
  9. GUNSLINGER
  10. POORHOUSE (RICHES TO RAGS)

Line up

  • Mark Michaels: vocals
  • Jimmy Penland: guitar
  • Kevin Freeman: bass
  • Jeff Price: drums

Voto medio utenti

La prima cosa evidente è che i Bonedryver, al disco d'esordio, sono tutt'altro che ragazzini. Quaranta-cinquantenni (abbondanti), truci, spessi e sovrappeso. Gente che sembra assai navigata, sia a livello musicale che nella vita. La band è del Nord Carolina, attiva da qualche anno prima con il nome di Albatross Lost poi con quello attuale. Propongono un tipo di hard rock sanguigno, robusto, molto southern, diretto e senza fronzoli, che per me di questi tempi rappresenta una boccata d'ossigeno.
Niente di nuovo, ovviamente. Prendete qualche riff alla Van Halen, un pizzico di tamarraggine statunitense tipo Ted Nugent, un tocco metallico genere Molly Hatchet, immergete tutto nell'atmosfera macho-sudista e la formula è pienamente svelata. Però le canzoni sono carine, funzionano, scorrono senza intoppi, anche se ci sono alcuni cali di tensione. Il vocalist Mark Michaels ci mette del suo, una di quelle belle voci southern piene, grintose e virili. Il resto della band fa bene ciò che deve fare, dagli assoli puntuali ed abbondanti alle ritmiche precise e lineari.
Meglio le tracce più sudate e muscolari, come l'impetuosa "Rollin' stoned" aperta dai soliti motori rombanti o il southern-metal quadrato "Hellride". Qui la band propone del sano vecchio sporco rock e lo esprime con la giusta grinta, niente più niente meno. Bene anche la patriottica "God bless America", un tiro tagliente e cadenzato che renderebbe orgoglioso il "Motor City Madman", così come la tesa e bluesy "Gunslinger" nella scia dei Molly Hatchet era "No guts...no glory" e la veloce e motorheadiana "Poorhouse", bella tosta e decisa.
Meno convincenti i tentativi di electro-ballad romantica in stile sudista, vedi "Blue eyes" che ricorda moltissimo ma con meno intensità certi brani degli Outlaws o la più ruvida "No man's land" che profuma di Lynyrd Skynyrd, insieme a qualche altra canzone un pò di maniera.
Prova discreta, non memorabile ma neppure cassabile. Bisogna sottolineare il fatto che da tempo non si sentiva un disco southern-metal con un minimo di attributi e di groove alcolico. I Bonedryver dimostrano di possedere queste caratteristiche e potrebbero sorprenderci maggiormente in futuro.

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