Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:46 min.
Etichetta:Argonauta Records

Tracklist

  1. GHOST SIGNAL
  2. THE DWELLER
  3. BLOOD CALLS BLOOD
  4. MORLOCK
  5. IRRADIANCE
  6. REVERIES
  7. MISTWEAVER

Line up

  • Ronny Flissundet: guitar, vocals
  • Ole Christian Helstad: bass, vocals
  • Bjarne Alexander Ryen Berg: drums

Voto medio utenti

Anche i norvegesi Kite fanno parte del sempre più vasto catalogo della Argonauta Records. Un trio di Oslo che vanta molteplici partecipazioni a progetti dell'underground locale (Saver, Tombstones, Stonegard, Team Me, Jaqueline, ecc.) e qui si producono in un ferale e sfibrante post-hardcore metal di ultima generazione. Il loro album si intitola "Irradiance" ed è un percorso angosciante e disturbante nell'estremismo sonoro legato all'alienazione della società post-industriale ed alla sofferenza che essa genera nell'animo umano. Un tuffo nella disperazione della perdita di un senso di appartenenza, del vuoto provocato dal crollo dei valori, dei punti di riferimento personali, in un mondo dove tutto muta freneticamente in maniera caotica e travolge gli individui privandoli di ogni certezza ed anche della propria dimensione esistenziale.
Musicalmente abbiamo tutta la consueta architettura del genere: suoni algidi e taglienti; riff cupi e ribassati; ritmiche lente e precise, quasi meccaniche; vocals stridule e strazianti; feroci esplosioni sludge-core; atmosfere nichiliste, disperate, che veicolano sensazioni di sconfitta ineluttabile.
In qualche episodio come "Ghost signal" si sfiora l'ibridazione tra la furia degli Eyehategod e le stimolazioni drone-metal, in altri il tiro distruttivo ed implacabile è classicamente post-hardcore ("Blood calls blood","Irradiance") come una mano che serra la gola e toglie il respiro.
I Kite sono bravi ad ottenere l'effetto voluto, quello di una musica dai contorni estremi ed oppressiva come una cappa di acciaio priva di ogni barlume di luce. Però pagano una certa piattezza di soluzioni, che diventa sempre più accentuata con lo scorrere del disco. Le canzoni tendono a somigliarsi troppo, pur con una buona padronanza tecnica. Il tonnellaggio sonico porta assuefazione e dietro a questa spunta la monotonia.
Un lavoro in chiaroscuro, buono nell'intenzione ma un pò carente nell'applicazione. Al momento, i norvegesi si collocano nella fascia media del settore, in attesa di ulteriori miglioramenti.

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