Total Fucking Destruction - …to Be Alive At The End Of The World

Copertina 5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:24 min.
Etichetta:Translation Loss Records

Tracklist

  1. …TO BE ALIVE AT THE END OF THE WORLD
  2. VIOLENTLY HIGH
  3. LIGHT/PAIN
  4. A DEMONSTRATION OF POWER
  5. SOUND ON SOUND
  6. ATTACK OF THE SUPERVIRUS 1138
  7. STONE BOMB
  8. DOCTOR BUTCHER
  9. YELLING AT VELCRO
  10. THE STAR SPANGLED BANNER (TRADITIONAL)

Line up

  • Ryan Moll: bass, vocals
  • Richard Hoak: drums, vocals, flute, ocarina
  • Steve Morasco: guitars

Voto medio utenti

Quando si ha a che fare con il grindcore si deve mettere in conto che tutti gli schemi saltano, che non c’è nulla di scontato, sin da quando i Napalm Death incisero la leggendaria “You Suffer” il grindcore è stato una sorta di tela bianca sulla quale ognuno ha avuto tempo e modo di esprimersi nel modo più libero possibile, con l’unico vincolo di farlo velocemente, il più veloce possibile.
Il ritorno dei Total Fucking Destruction, veterani del grind a stelle e strisce, di per sé una buona notizia, ci pone di fronte a inesplicabili dilemmi, e anche questa è una buona notizia per una band grindcore.
Ma le buone notizie finiscono qui.
Il qui presente full-lenght “…To Be Alive At The End Of The World”, con una song che si chiama “Attack Of The Supervirus 1138”, sembra scritto apposta per questi tempi di pandemia da coronavirus, e rischia di essere uno degli album più brevi della storia del grindcore.
Nonostante i suoi 24 minuti per 10 tracce, se si eccettuano la prima e l’ultima, che complessivamente occupano circa 17 minuti, dove di grind c’è ben poco, riduce il minutaggio effettivo a circa 7 minuti, durante i quali c’è quello che ci si può aspettare da una band del genere, velocità e assalto sonoro, anche se, per restare in tema, questi non raggiungono mai livelli di vera emergenza.
Capisco che bisogna arrivare “vivi alla fine del mondo”, ma non c’era mica tutta questa fretta di scappare cari Total Fucking Destruction. O no?
Un disco che non lascia traccia dietro di se.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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