Copertina 7

Info

Anno di uscita:2020
Durata:42 min.
Etichetta:No Remorse Records

Tracklist

  1. A CALL TO ADVENTURE
  2. PAST THE DOORS OF DEATH
  3. DARK SHRINE OF RITUALS
  4. THE POWER OF WILL
  5. LICHSPIRE
  6. THE FOURTH BATTLE OF THE ASH PLAINS
  7. THE ALLURE OF SILVER
  8. WISH

Line up

  • Tucker Thomasson: vocals and guitars
  • Corwin Deckard: guitars
  • Evan Pruitt: bass
  • Jacob Lett: drums

Voto medio utenti

Nati come un progetto solista di Tucker Thomasson (dai disciolti Thorr-Axe) il quale, in solitaria, ha realizzato nel 2018 un Demo che ha attirato le attenzioni, tra gli altri, della No Remorse Records.
A questo punto, dopo alcuni singoli (tra cui una cover di "Crystal Logic") e split in formato digitali, era d'obbligo un vero album, ma invece di fare tutto da solo, Thomasson, ha dato vita ad una vera e propria band assieme al batterista Jacob Lett (anche lui ex-Thorr-Axe), a Corwin Deckard alla chitarra e a Evan Pruitt al basso. Musicisti che condividono con Thomasson non solo la passione per il Metal degli anni '80 ma anche quella per i giochi di ruolo.

Ed è proprio la combinazione di questi interessi alla base di "Adventure One", un lavoro che se nelle liriche affronta avventure Dungeons & Dragons, musicalmente guarda all'Epic Metal, con un gradevole piglio vintage (anche nella resa sonora) e modi d'altri tempi (e altre band...) che ritroviamo già dall'opener "A Call to Adventure" che a parte quella breve introduzione parlata (con tanto di birra stappata) non può non rievocare Manilla Road o Cirith Ungol, ma anche i primi Liege Lord e Omen. L'arpeggio che tratteggia la seguente "Past the Doors of Death" ci introduce in un vortice di scintillante Epic Metal e si segnala come uno dei momenti più brillanti assieme a "The Power of Will", che ha molto in comune con gli Heavy Load, nel refrain e nell'accostare le voci di Thomasson (che pare cantare da un polverosa cripta) e Ragne Wahlquist, e a "The Fourth Battle of the Ash Plains", che dalla sua ha un passo più spedito mentre guarda all'Inghilterra e alla N.W.O.N.H.M., con le chitarre che riecheggiano apertamente gli Iron Maiden. Peccato che la conclusiva "Wish" non sia altro che un'outro strumentale, probabilmente registrata con una pianola Bontempi, anonima e assolutamente superflua.

Qualche ingenuità, bilanciata da una evidente passione e piena adesione (forse eccessiva) ai canoni del genere, ma per quanto Thomasson e soci per ora non siano ancora all'altezza di sedersi sul Trono degli Iron, nella Sala del Re un posticino per loro lo troveranno di sicuro.


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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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