Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2020
Durata:48 min.
Etichetta:Iron Shield Records

Tracklist

  1. LUCIFER'S DESCENT
  2. AT THE MERCY OF KINGS
  3. DESTROYER OF THEE UNDEAD
  4. BLOOD OF THE BARBARIAN
  5. HAND OF THE GYPSY
  6. SAVED BY LOVE
  7. WITCHUNT
  8. LORD OF ILLUSION
  9. TOMB OF ALALU
  10. DRIVING OUT OF DEMONS

Line up

  • Joe Lawson: vocals
  • Skip Stinski: guitars, vocals
  • Jim Brucks: guitars, vocals
  • Marty Buchaus: bass, vocals
  • James Marlow: drums

Voto medio utenti

Nome del gruppo, l'immagine di copertina e lo stesso titolo dell'album potevano far pensare di trovarsi di fronte a un'espressione del più classico Power Metal a sfondo Sword & Sorcery, invece l'esordio discografico degli statunitensi Dragonlore ha tutt'altro background musicale e lirico. Infatti, "Lucifer’s Descent" tocca svariate tematiche (si passa da Harry Houdini alla caduta di Lucifero dal Paradiso) e soprattutto poggia le propria fondamenta su di un Power & Speed made in U.S.A., con l'aggiunta di quella spruzzata di Thrash Metal che mi ha fatto pensare agli Helstar. Il tutto caratterizzato, nel bene e nel male, dall'approccio vocale di Joe Lawson, che scopriamo variare in lungo e in largo alternandosi tra passaggi che riecheggiano John Cyriis, King Diamond e, appunto, James Rivera. O almeno ci prova, visto che il frontman dei Dragonlore quanto più sale di tono tanto più palesa tentennamenti e difficoltà, già a partire dalla titletrack e poi ben evidenziato da "Blood of The Barbarian" o da una "Saved by Love" influenzata dagli Iced Earth.
Ma non mi sembra giusto puntare il dito sul solo Lawson, l'apporto del resto del gruppo ai chorus è rovinoso e anche il songwrting e gli arrangiamenti lasciano spazio a parecchi appunti, composizione ancora acerbe, un po' confuse e forse frettolose (come per l'ambiziosa "Tomb of Alalu"), e lo stesso si può dire per la prova della coppia di chitarristi, Skip Stinski e Jim Brucks, che non riesce mai a lasciare il segno, nemmeno quando, come nel caso della cangiante "Hand of the Gypsy", ha maggiori spazi di manovra. A chiudere il cerchio, una bacchettata sulle dita spetterebbe anche a chi ne ha curato la resa sonora, che non aiuta sicuramente i Dragonlore, penalizzati anche da un sound piatto e zanzaroso.
Sulla ruvida e darkeggiante "Witchunt" ecco, nel caleidoscopio vocale dei Dragonlore, fare capolino pure un Chris Boltendhal che si unisce a jammare con tutti gli altri cantanti succitati, ad ogni modo questo brano resta uno dei momenti migliori del disco, direi assieme all'epicheggiante "Destroyer of thee Undead".

Poco da salvare però, se non la buona volontà messa in campo da questi cinque musicisti, che dovranno darsi da fare, e non poco, per riscattarsi in occasione della loro prossima prova discografica.


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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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