Copertina 6

Info

Anno di uscita:2019
Durata:45 min.
Etichetta:Inverse Records

Tracklist

  1. KILLING THE CHILDREN
  2. BROKEN PEACE
  3. RIVERVIEW
  4. LOOKING BACK
  5. 18OZ OF CHROME
  6. THE DIVIDE
  7. ART OF ADDICTION
  8. ANGELS AND DEMONS
  9. BLACKENED CLOTH

Line up

  • Aaron Randall: vocals
  • Matt Hanchuck: guitars
  • Greg Christian: bass
  • Dave O'Neal: drums

Voto medio utenti

I WreckDefy non perdono certo tempo. Formatisi solo nel 2016, hanno già all’attivo due full length, il primo pubblicato nel 2017, e il secondo nel 2019, ed è proprio di quest’ultimo che andremo a parlare ora. Il genere proposto dai nostri è thrash metal che più puro non si può, con richiami decisamente forti ai Testament, e d’altra parte non è un caso, visto che nelle proprie fila vantano niente meno che Greg Christian, che nella band di Chuck Billy ha militato, anche se a fasi alterne, per ben venti anni. Ma Greg non è il solo membro noto del gruppo, visto che anche il cantante Aaron Randall può vantare nel suo curriculum la presenza in una band decisamente nota, i conterranei Annihilator, nei quali ha militato dal ’92 al ’94, registrando i due EP “Set the world on fire” e “Phoenix rising”. Come se non bastasse, nel 2018 fa il suo ingresso nella band anche Alex Marquez, con una lista di partecipazioni lunghissima, basti citare, tra i tanti, Malevolent Creation, Demolition Hammer, Cephalic Carnage…

Fatte le presentazioni di rito, andiamo a vedere cosa ci offre questo “Remnants of pain”. Come già accennato, il thrash proposto dai nostri è decisamente di estrazione Bay-Area, e i già citati Testament sono senz’altro tra le influenze maggiori dei nostri. Forse anche un po’ troppo, aggiungerei io. I riff arrembanti e quadrati sono la prima similitudine che salta alle orecchie, ma anche la voce non è da meno, sia per il suo timbro acido, sia per le numerosi parti melodiche che vanno a spezzare il ritmo dei brani più serrati.

Siamo al cospetto, quindi, di una band clone? In parte sì, in parte no, nel senso che pur essendo la presenza della band di Oakland decisamente ingombrante, i nostri riescono a mettere qualcosa di personale qua e là. Il problema è che le percentuali sono davvero sbilanciate, e i rari sprazzi di originalità non riescono a controbilanciare quelli in cui sembra davvero di ascoltare delle outtakes della band di Billy e Peterson. Sì, outtakes, perché comunque il livello dei brani dei Wreck-Defy non riesce a raggiungere, per ovvie ragioni, quello dei Testament, e ne è riprova il fatto che nonostante l’album si faccia inizialmente ascoltare con piacere, alla fine non ti resta un singolo riff in testa, o una singola melodia vocale (delle tante presenti), e col passare dei brani una certa noia inizia a fare capolino.

Se si trattasse di una band agli esordi potrei anche passarci su, ma vista la caratura dei personaggi coinvolti, la cosa diventa ben meno giustificabile, motivo per il quale mi sento di consigliare questo disco solo ai thrash maniacs più incalliti (che troveranno comunque pane per i loro denti). Per tutti gli altri, oltre che rivolgersi alle band madri, il consiglio è quello di scavare nell’underground, perché di band ben più valide, pur se derivative, ce ne sono a bizzeffe.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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