Copertina 5,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:48 min.
Etichetta:PaZouZou

Tracklist

  1. LITTLE ROCK TONIGHT
  2. BASTARD
  3. SCREAMING FOR YOUR LOVE (ORCHESTRAL)
  4. WEAPON OF LOVE
  5. IT'S A LONG WAY TO THE TOP
  6. TIME
  7. FALLING IN LOVE
  8. DON'T LET ME DOWN
  9. BERLIN BY NIGHT
  10. SPENDING MONEY
  11. BREAK IT UP
  12. SCREAMING FOR YOUR LOVE
  13. LITTLE ROCK TONIGHT (REVENGE MIX)

Line up

  • Marco Paganini: vocals
  • Dale Powers: guitar
  • Kiki Crétin: bass
  • Diego Rapacchietti: drums

Voto medio utenti

La "nostalgia" è, per molte ragioni, davvero una brutta "bestia" e diventa facilmente la più classica delle armi a doppio taglio: se da un lato il rischio è quello di essere indotti a rivalutare lavori del passato sull'onda dei "ricordi" (e questo è sicuramente il caso maggiormente diffuso) dall'altro si è magari talmente legati a certe canzoni da non riuscire a "vederle" sotto una forma diversa da quella conosciuta.
La mia difficoltà nell'analizzare "serenamente" questo "Resurrection" è dovuta anche all'ultimo "scenario" descritto, dal momento che, "in gioventù", ho realmente adorato l'hard 'n' heavy (non "trascendentale", ma parecchio trascinante) espresso in "What the hell is going on!" e "Dealers of the night " dai Viva, una buona band teutonica della quale l'italo/svizzero Marco Paganini era il ruvido singer e dove il caratteristico contributo tastieristico era garantito da Barbara Schenker, sorella dei più famosi Michael e Rudolf, e abbastanza apprezzato anche la successiva esperienza che Marco ha intrapreso proprio sotto il monicker Paganini, con tre lavori tra il 1985 e il 1990 ("Weapon of love", "It's a long way to the top", "Detox") all'insegna di una superiore "commerciabilità" di stampo "americano", mentre devo ammettere di non conoscere minimamente il ritorno del 2003 intitolato "Esoterrorism", a quanto pare caratterizzato da suoni più moderni e che ha dato l'avvio alla collaborazione con il producer statunitense dal bizzarro nome ZouZou Mamoux.
Cooperazione che viene confermata anche in questo nuovo dischetto che si propone di celebrare e dare nuova linfa vitale ad alcuni dei brani più significativi del repertorio dei Viva e dei primi tre albums "storici" dei Paganini.
Ed eccoci alla questione fondamentale ... "cui prodest" (come diceva Gene Gnocchi in un programma televisivo di parecchi anni fa)? A chi può essere utile un prodotto del genere?
Non ai "vecchi" fans che non so quanto potranno apprezzare questa nuova veste più aggressiva e minimamente "modernizzata" delle suddette tracce e probabilmente nemmeno ad eventuali nuovi adepti, attratti più facilmente da nomi maggiormente di "moda" e produzioni più patinate.
Il suono di "Resurrection", forse non solo per scelta, è, infatti, molto "straight" (e anche un po' impastato, a dire la verità) e la voce di Marco non ha perso una stilla della sua rudezza, anzi, diciamo pure che in questo contesto essa appare spesso fin troppo aspra, sebbene non sia chiaro se si tratti di una nuova "esigenza artistica" o viceversa di una naturale "trasformazione" delle sue modulazioni.
"Little rock tonight" e il tocco gotico (ma purtroppo con l'abrogazione della fascinosa spinetta che impreziosiva l'originale) conferito a "Screaming for your love" (tratte da "What the hell is going on!"), entrambe proposte in due versioni, oltre che "Falling in love" (da "Dealers of the night"), riescono, cercando di scacciare la sensazione di "disagio" descritta all'inizio, a mantenere le loro qualità musicali fondamentali anche in questa trascrizione, così come "It's a long way to the top" (title track dell'album del 1987), "Don't let me down", "Berlin by night" (da "Weapon of love") e "Spending money" (da "Detox"), sanno ancora come coinvolgere gli appassionati dell'hard rock sanguigno, ma il tutto appare ai miei occhi davvero lievemente "forzato".
Menzione d'obbligo anche per "Time" (anch'essa originariamente inclusa in "Detox"), non tanto per il suo valore intrinseco (trascurabile), ma per il fatto di essere stata scritta in collaborazione con il "principe" di Minneapolis Prince.
"Resurrection" (lo stesso titolo non è molto "originale") non è quindi un disco straordinariamente "insoddisfacente" e sarò felice se, magari anche grazie ad esso, Marco riuscirà a proseguire nel suo cammino artistico, stimolato da sonorità attualizzate (giacché sembra essere questo il suo orientamento), senza rimanere ancorato al suo passato in un momento in cui un certo ritorno in auge delle sonorità anni ottanta più autoctone, avrebbe suggerito la scelta più "comoda" di un adeguamento a questo trend, ma personalmente considero queste forme di "autocitazione" lievemente "compiacenti" (vedi anche il "caso" "Still hungry" dei Twisted Sister, per esempio, ma là almeno c'era qualche "chicca" in più), come delle esibizioni non troppo convincenti e significative.
Non un disco bruttissimo, forse solo un po' inutile ...
Recensione a cura di Marco Aimasso

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