Mortiis - The Song of a Long Forgotten Ghost (reissue)

Copertina 7

Info

Anno di uscita:2018
Durata:60 min.
Etichetta:Omnipresence

Tracklist

  1. THE SONG OF A LONG FORGOTTEN GHOST

Line up

  • Mortiis: keyboards

Voto medio utenti

Possiamo dire di tutto di Håvard Ellefsen, apprezzare o meno il suo particolare e mutevole lavoro, ma sicuramente non si può definire un artista poco produttivo. Dopo l’ultimo album, “The Great Corrupter” del 2017, il versatile musicista norvegese ritorna con una oscura ristampa del suo primo demo da solista che, oggi più che mai, sposa l’idea dell’ambient più litanico ed tenebroso: “The Song of a Long Forgotten Ghost” del 1993. Per inquadrare il personaggio di Mortiis, dobbiamo ricordare che Håvard Ellefsen, inizia la sua carriera artistica come bassista e cofondatore degli Emperor: uno dei marchi più autentici del metal nero norvegese, nato ai primordi della second wave of black metal. Ma, probabilmente per le controverse vicissitudini la scena black metal in Norvegia, il caro Håvard si trasferisce in Svezia. È qui che inizia a lavorare su un nuovo progetto solista che poi prenderà, appunto, il nome di Mortiis e che trasformerà l’artista norvegese in un diabolico folletto con naso e orecchie a punta.

Questo disco possiede in sé tutte quelle caratteristiche dello stile dungeon synth rese in modo magistrale da questo artista che, fin dai primi anni novanta, prende il nome di Mortiis. Il dungeon synth è uno stile di musica dark ambient che parte dalle profane matrici del black metal scandinavo inserendovi all’interno un sound folk di stampo medievale. Non suonerebbe affatto fuori luogo se fosse inserito come musica di fondo delle più buie ere regali. Gli strumenti si riducono ad una struttura assai minimalista, in quanto oltre ad un synth e tastiera troviamo giusto delle sequenze ritmiche di batteria, anche se sarebbe meglio definirlo un tamburo. Il lavoro è strutturato sulla base di un unico brano composto da tre riff melodici, semplici e lineari, che si ripetono per 53 minuti, con una dose minimale di variazioni, che arrivano solo dopo la metà dell’opera. La ragnatela melodica che viene fuori mira ad ipnotizzare e ad avvolgere chi ascolta, in mondi eterei intrisi dell'oscurità propria delle epoche antiche, che si rispecchia in quella dell’epoca moderna. La ammaliante ripetizione della melodia costituisce un unico pezzo, scelta diversa da un lavoro con più tracce che portano ad un concept. Dall’aura opprimente e soffocante, la capacità avvolgente di questo lavoro è innegabile ed estremamente caratterizzata dalla forte capacità di risucchiare in maniera efficace chi ascolta. Così le antiche vestigia del metal nero rivivono in un ambient pseudo medievale dai caratteri magici ed ipnotizzanti. Sembra quasi che il perfido folletto avesse fatto un incantesimo a chi lo ascolta, che inerte cade in una mistica ed tenebrosa trance dai toni algidi e tenebrosi.

Probabilmente, i blackster di vecchia data non potranno non ricondurre questo sound ai lavori di gruppi come Burzum, Aghast o Wongraven, pionieri del genere dungeon synth: prendete ad esempio Tomhet dell’album “Hvis Lyset Tar Oss” dei Burzum del ‘94.
Questa demo, del cantante dalle orecchie e naso puntuti, è stata ripresa, restaurata e rimasterizzata dalla Omnipresence Production Records. Nonostante la qualità dell’audio sia indiscutibilmente migliore, c’è da dire che, per quanto riguarda questo genere di produzioni, quei suoni un po’ masticati e grezzi, dei nastri su cassetta, mantengono quella vena nostalgica e di rude romanticismo in grado di riportarci indietro nel tempo.

Inizialmente la cosa mi ha lasciato perplesso: perché pubblicare una riedizione di questa demo? Se ci riflettiamo attentamente, questo disco è stato partorito dal malefico folletto nei primi anni novanta, anni nei quali internet cominciava a delineare gli spazi di una nuova era. Con la digitalizzazione, le nuove sonorità elettroniche, synth e midi hanno trovato nuova linfa vitale e, grazie al potere divulgativo di internet, queste sonorità hanno preso sempre più piede nel mondo musicale di oggi. Quindi, possiamo affermare che non è un caso se una demo interessante come “The Song of a Long Forgotten Ghost” venga spolverata dagli scaffali e ripresentata oggi.
Recensione a cura di Alessandro Borysowicz

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