Deafheaven - Ordinary Corrupt Human Love

Copertina 6,5

Info

Genere:Avantgarde
Anno di uscita:2018
Durata:60 min.
Etichetta:Anti-

Tracklist

  1. YOU WITHOUT END
  2. HONEYCOMB
  3. CANARY YELLOW
  4. NEAR
  5. GLINT
  6. NIGHT PEOPLE
  7. WORTHLESS ANIMAL

Line up

  • Kerry McCoy: guitars
  • George Clarke: vocals
  • Daniel Tracy: drums
  • Shiv Mehra: guitars
  • Chris Johnson: bass

Voto medio utenti

Si tratta senz’altro di mere suggestioni fabbricate da una mente inattendibile, fatto sta che il nuovo album dei Deafheaven, sin dall’accoppiata titolo + artwork, è parso al sottoscritto arduo da inquadrare, da valutare e, ahimè, da amare.
Un peccato, poiché tale sentimento ha pervaso il mio cuore in occasione di tutte le precedenti release del combo statunitense.

Non posso ragionevolmente affermare che “Ordinary Corrupt Human Love” si sia rivelato una disfatta; nel contempo, trovo che ad esso manchi qualcosa in termini di direzione artistica. La verità, perlomeno a mio avviso, è che non si rinviene, nei solchi del dischetto, una sintesi soddisfacente tra le diverse anime musicali della band: il rovente magma di post rock e blackgaze dei Nostri, molto semplicemente, non suona più naturale e fluido come un tempo.

Non hanno affatto aiutato la causa un mastering opaco ed un timbro di chitarra piuttosto insoddisfacente, così come il ricorso eccessivo di Kerry McCoy ad assoli semplicistici e dal piglio sin troppo melodico.
D’altro canto, non sono certo i profili tecnici a tarpare le velleità del platter, bensì quelli più squisitamente musicali.

Si nota, infatti, la volontà di esplorare lidi più contemplativi e soft, senza tuttavia il coraggio di recidere del tutto il collegamento coi retaggi estremi, tanto che lo scream acido di George sembra spesso appiccicato in modo posticcio su partiture che avrebbero richiesto ben altro tipo di approccio vocale.
Ancora: se in passato il dinamismo quasi frenetico delle composizioni rendeva tutt’altro che problematica l’assimilazione della loro lunga durata, oggi si notano dilatazione, prolissità e reiterazione di sezioni ben oltre i loro effettivi meriti.

Ci pensa già l’iniziale “You Without End” a dar corpo alle criticità sopra elencate, spiazzando l’ascoltatore per la ragguardevole dose di mellifluità raggiunta dal disposto combinato di titolo, inizio pianistico e melodia vocale: va bene compiacere la fan base di matrice indie, ma forse ci si è lasciati un po’ prendere la mano.

La successiva “Honeycomb”, al contrario, si propone si soddisfare i turpi palati dei blackster; operazione che tutto sommato riesce, pur non strabiliando.
Analoghe considerazioni possono svolgersi per “Canary Yellow”, coinvolgente ed instabile come da miglior tradizione Deafheven… peccato solo per quel coretto emo finale che, a un certo punto, ho temuto non si sarebbe rivelato tale, protraendosi all’infinito.

Si torna prontamente su lidi più morbidi con “Near”, nenia liquida e sognante dalle dinamiche tuttavia prevedibili e, circostanza più grave, prive di consistenza.
Consistenza che latita anche nella successiva “Glint”, troppo attendista nell’incipit e troppo affrettata una volta preso il via.

Il duetto vocale con Chelsea Wolfe in “Night People” segna l’ennesima occasione persa di “Ordinary Corrupt Human Love”: il timido duetto vocale in clean su un tappeto pianistico indie pop si lascia apprezzare, ma con uno sforzo maggiore in sede di scrittura e a livello di sviluppo armonico si sarebbe potuta ottenere una gemma di crepuscolare intimismo; così, invece, stringiamo tra le mani “solo” un buon brano.
Attribuirei medesima qualifica alla conclusiva “Worthless Animal”, pregna di una disillusa amarezza che rimanda addirittura a certo DSBM.

Arduo da valutare, si diceva: dopo aver compilato una interminabile lista di doglianze, il voto si assesta misteriosamente ben oltre la sufficienza.
Il fatto è che i Nostri sanno pur sempre fare il loro lavoro, ed anche in una release ricca di chiaroscuri come quella in esame il coniglio dal cilindro, di quando in quando, riescono comunque a tirarlo fuori.

Al tempo stesso, il ruolo di new sensation del metal -relativamente- estremo è ormai uno sbiadito ricordo, e se al venir meno del fattore sorpresa abbiniamo un appannamento in termini di ispirazione compositiva, ecco che il futuro inizia ad assumere tinte fosche.
Io, per quel che può valere, mi dichiaro sin d’ora pronto a concedere nuove chance ai Deafheaven, certo del fatto che abbiano tutte le qualità per risollevarsi.
Vi prego di non tradire la mia fiducia…
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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