Mi ero già incontrato con gli olandesi
PROJECT PAIN in occasione del loro disco precedente, ovvero "
Thrashed to Kill" del 2015 di cui potete leggere qui la recensione, un onesto platter dedito un thrash metal assai roccioso e di impatto, con poche concessioni alla melodia ma contraddistinto dall'uso di vocals non distorte, cosa piuttosto rara per i giorni d'oggi.
A distanza di tre anni, sempre per la misconosciuta F.A. Records, ecco giungere il loro terzo disco intitolato "
Brothers in Blood" che ovviamente non muove di una virgola le coordinate sonore del quintetto di Utrecht.
E' un bene? Un male?
La risposta ovviamente sta negli occhi di chi guarda, un po' come la bellezza; il sottoscritto non può che apprezzare un approccio musicale del genere, fuori tempo, fuori moda, assai sincero e decisamente lontano da ogni velleità commerciale ad ogni costo; d'altra parte qualcuno potrebbe ribattere che i Project Pain non fanno nulla per evolversi e migliorarsi, il che da una parte è anche vero, le limitazioni sono rimaste le medesime, siamo di fronti ad un thrash molto rozzo che più di una volta mi ha richiamato alla mente i
Tankard, ma si percepisce l'anima, il divertimento e le emozioni che i Project Pain hanno profuso dentro "Brothers in Blood" e questo, unito a dei buoni riff - per quanto piuttosto scolastici - una produzione casalinga ma efficace ed un'iconografia tutta anni '80 ci restituisce un album che fa quello che promette: scapocciate e mosh per tutti gli appassionati di questo genere musicale.
Insomma, i Project Pain non saranno i salvatori del metal (ma d'altronde chi glielo chiede?) ne' saranno ricordati per dei capolavori ma di certo meritano il nostro rispetto ed il loro posticino al sole.
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