Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:20 min.
Etichetta:Earache
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. FORWARD THROUGH THE COPPER SUN
  2. ZERO COMFORT MARGIN
  3. NO TEARS FALL THROUGH HOLLOW EYE - SOCKETS
  4. CHEMICAL GOAT
  5. WHIMPER
  6. ANDROID (120 AMPERE OPIATE)
  7. HOST (AGE)
  8. BOHEMIAN GRAVE
  9. THE SYSTEM AS THE MASTER DECEIVER
  10. BORN ON A BOMBSHELL
  11. STRIP NAKED FOR THE KILLER
  12. A HOMAGE TO TOMBSTONE GRANITE
  13. FOOTPRINTS IN FIRE
  14. PLAYDUMB
  15. FOR BLACK EYES ONLY A.K.A. DEPOPULATE: TEARS OF ILLUMINATI

Line up

  • Joe Horvath: vocals
  • Jason Andrews: guitars
  • Drew Haritan: bass
  • Mike Bartek: drums

Voto medio utenti

Seguo da tanti anni i Circle Of Dead Children, li ho anche intervistati, e sono sempre stato un loro grande fan. La band americana non è mai stata sulla cresta dell’onda, come è successo ad altre band del panorama grindcore, e questo è dovuto anche al fatto che non hanno mai inciso per etichette rinomate, pur nonostante abbiano conquistato uno zoccolo duro di fans in giro per il mondo.
Il nuovo “Zero Comfort Margin” è un minicd in realtà, e in Europa sfrutta i canali promozionali della Earache Records, pur essendo licenziato dalla Willowtip Records, il che sicuramente darà alla band una maggiore visibilità.
Venendo alla materia musicale, dietro la consolle è stato riconfermato il reverendo Steve Austin, già produttore del precedente “Human Harvest”, e sicura garanzia di massacro sonoro, anche grazie ad una produzione grezza e ruvida, la quale punta sulle asperità piuttosto che su un sound pulito. I 20 pezzi del disco sono come al solito schegge impazzite di ferale grind, il quale non rinuncia a qualche inserto elettronico e a massicce dosi di brutale metal, sorretto dalle grandiose vocals del poliedrico singer e leader Joe Horvath, capace di tirare fuori diversi tipi di screams e un brutalissimo e inverecondo growl.
Le songs ricalcano i classici schemi del grind più deviato, quello cui ci hanno abituato bands come Nasum o Brutal Truth, quindi parliamo di pezzi che pur nella loro brevità, non sono lineari, in alcun senso.
L’ascolto di pezzi come “Host(age)” o “Whimps”, demolirà i vostri timpani colpo su colpo, prima del dilaniante e rallentato finale, molto sludge, di “For Black Eye Only”, dove la band sfiora vette di pesantezza allarmanti.
Ho sempre scommesso su questa band e continuerò a farlo, e credo che dobbiate farlo anche voi.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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