Copertina 9

Info

Genere:Fusion
Anno di uscita:2018
Durata:54 min.
Etichetta:Kscope

Tracklist

  1. INSIGHT
  2. ASTRAL ARCHITECTURE (FEATURING MICK MOSS)
  3. WHITE DAWN
  4. KALEIDOSCOPE
  5. EIDOLON
  6. INTO THE VOID
  7. THE ROOM
  8. CONFLUENCE (FEATURING STEVE HOGARTH)
  9. CONSTELLATION/THE BELL
  10. ECHO/SIGH/STRAND
  11. PENROSE STAIRS
  12. STORYTELLER (FEATURING JORDAN RUDESS)
  13. THE BEST OF DAYS (FEATURING STEVE HOGARTH)

Line up

  • Gleb Kolyadin: grand piano, keyboards
  • Gavin Harrison: drums
  • Nick Beggs: bass
  • Theo Travis: flute, saxophones
  • Vlad Avy: guitars
  • Evan Carson: bodhran and percussion
  • Steve Hogarth: vocals
  • Mick Moss: vocals
  • Jordan Rudess: keyobards
  • Grigorii Osipov: vibraphone, marimba, glockenspiel
  • Iliia Diakov: violin
  • Alexander Peresypkin: cello
  • Grigory Voskoboynik: double bass
  • Tatiana Dubovaya: vocals
  • Svetlana Shumkova: hang drum, spoken vocals

Voto medio utenti

Che Gleb Kolyadin fosse un compositore estremamente talentuoso si era già capito con le sue produzioni a nome Iamthemorning. Come si era capito che fosse un mostro di tecnica e gusto seduto davanti al suo fido pianoforte (in Russia - quando studi musica - non scherzano per niente). Ma cosa aspettarsi dal suo primo disco solista?

Sarò franco, un lavoro di questo spessore non me l'aspettavo nemmeno io. Premettendo che un album del genere non può non fare la gioia di qualsiasi tastierista o presunto tale (io appartengo alla seconda categoria), credo anche che - una volta tanto - i vari ospiti coinvolti, da Jordan Rudess a Steve Hogarth, si siano sentiti "piccoli piccoli" davanti alle doti di Kolyadin.

"Insight" è il primo gioiellino strumentale del lotto, un po' prog e un po' fusion senza mai essere veramente né uno né l'altro. Le atmosfere si fanno più rarefatte con "Astral Architecture", interpretata dal cantante degli Antimatter Mick Moss, prima della colta e barocca "White Dawn". I virtuosismi funambolici ma scorrevoli di "Kaleidoscope" avrebbero fatto invidia anche a Keith Emerson, così come la scrittura moderna e impressionista dell'accoppiata "Eidolon"/"Into The Void". Quando sento un ostinato in 5/4 non riesco a non pensare a "Tarkus", ma fortunatamente in "The Room" c'è il sax di Theo Travis a distrarmi. "Confluence" è il primo brano con Steve Hogarth, ed è un episodio deboluccio, troppo lungo e soporifero nonostante la coda da incorniciare, al contrario della successiva e mirabolante "Constellation/The Bell" (ma siamo sicuri che Kolyadin abbia solo due mani? ndr). La pazzesca "Echo/Sigh/Strand" - che mette a sistema musica da film, Bach ed elettronica - sfocia in "Penrose Stairs", versione "piano-driven" dei King Crimson (non a caso c'è Gavin Harrison dietro alle pelli). "Storyteller", con il riconoscibilissimo (e forse fuori luogo) Jordan Rudess, non è particolarmente memorabile, così come la conclusiva "The Best Of Days", bella canzone cantata nuovamente da Steve Hogarth che però non regge il confronto con quanto ascoltato fin qui.

No words.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 05 mar 2018 alle 23:41

io concordo con dave... ...bella "Kaleidoscope", ma non bastano Hogarth o Moss a rendere interessante qualcos'altro...

Inserito il 28 feb 2018 alle 13:22

...e va bene lo ammetto, lo faccio soprattutto per la presenza di Hogarth... Ma credo che comprerò questo dischetto quanto prima.

Inserito il 27 feb 2018 alle 20:55

ciao dave bentornato!

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