Copertina 8

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2016
Durata:65 min.
Etichetta:Self-Produced

Tracklist

  1. NOT TO THE MOON
  2. IN MY HEART YOU'RE HERE
  3. ONWARD
  4. THE MUTATION
  5. ANCESTRIA
  6. DISCOVERY
  7. SPACE DEBRIS
  8. GIVE SOME GROUND
  9. CAST A WAVE
  10. DEAR AQ-NANDA
  11. SEED OF DISHARMONY
  12. WORLD 2.0 (BONUS TRACK)
  13. WE'LL BREAK THIS SPELL (BONUS TRACK)

Line up

  • Walter Bosello: all instruments

Voto medio utenti

Non sono un gran masticatore di crossover-prog, in parte perché non mi è ancora perfettamente chiaro cosa sia - gli esperti lo descrivono come un rock progressivo sofisticato ma più essenziale che “strizza l’occhio” a sonorità mainstream e di facile assimilazione - e in parte perché questa etichetta, negli anni, è servita troppo spesso come alibi per dare una dimensione “nobile” a proposte musicali commerciali a tutti gli effetti (qualche nome: Supertramp, Talk Talk, Alan Parsons e, perché no, Radiohead).

Poi ho ascoltato “Migration” e ho dovuto rivedere certe mie convinzioni. Questo ambizioso concept album di Walter Bosello - mastermind del progetto Oniric attivo da diversi anni - è un lucido esempio di musica elaborata ma accessibile, impegnata ma non spocchiosa, e il fatto che sia una produzione italiana lo rende ancora più godibile.

Il riuscito mix tra sonorità ayreoniane e sinfoniche - che ben si sposa con la vicenda legata all’album e per la quale rimando al sito dell’artista - introduce “Not To The Moon”, lungo brano che spicca per le linee vocali a cavallo tra AOR, funk e prog (ottima, tra l’altro, la performance dietro al microfono di Bosello). “In My Heart You’re Here” mette a sistema hard rock e alternative, prima della più lineare “Onward”, che sfoggia qualche idea di derivazione dreamtheateriana. Il cambio di rotta è dietro l’angolo, e risponde al nome di “The Mutation”, un po’ Subsonica, un po’ Kraftwerk, in totale contrasto con la successiva “Ancestria”, dinamica e catchy. “Discovery” è una traccia strumentale elegante di chiara matrice progressiva e fa il paio con la ballad “Space Debris”, dalla coda pinkfloydiana. I due brani che seguono sono di ispirazione crimsonica (“Give Some Ground” ha la schizofrenia tipica degli inglesi degli Anni Ottanta/Novanta mentre “Cast A Wave” rimanda alle tentazioni gamelan di “Discipline”), e sfociano prima nell’ibrida “Dear Aq-Nanda” - tra echi grunge e timbriche sintetiche - e poi nella più canonica “Seed Of Disharmony” (che mi ha ricordato i primi Pain Of Salvation). Meno convincenti sono le due bonus track: “World 2.0” è un heavy rock di maniera, contaminato ma poco incisivo, e il pop bizzarro anche se raffinato di “We’ll Break This Spell” non regge il confronto con il resto dell’opera. Pazienza.

Ora, se mi chiederanno un disco crossover-prog da consigliare, saprò finalmente cosa rispondere. Gli Oniric mi hanno tolto da un bell’imbarazzo…

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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