Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2017
Durata:38 min.
Etichetta:Metal Blade

Tracklist

  1. FROM EAR TO EAR
  2. NECROPHAGIC MADNESS
  3. BEHEAD THE DEAD
  4. WHEREVER THEY MAY ROT
  5. VERMIN FUNERAL
  6. BY HATRED BOUND
  7. PSYCHOSURGERY
  8. IN THE AFTERMATH
  9. MASTER DISSECTOR
  10. CRANIUM CRUSHER
  11. RAPED BY THE BLADE

Line up

  • Erik Rundqvist: bass, vocals
  • Tobias "Tobben" Gustafsson: drums
  • Anders Bertilsson: guitars
  • Björte: guitars, vocals

Voto medio utenti

Aaaah, quando arrivano dischi di questo tipo è una pacchia. Sai già cosa la band andrà a proporre, sai che non cambierà mai il proprio stile e sai anche che si tratterà sicuramente di un lavoro di qualità. Rimane solo da stabilire se i riff e le composizioni funzionano bene e quanto l'album sia ispirato.

Eccoci qua dunque a commentare il secondo disco dei Cut Up, band formata da veterani della scena, da veri artigiani del death metal che da tempi immemori propongono metallo della morte nella piú pura tradizione svedese, prima sotto il nome Vomitory poi, dopo il loro scioglimento (gran peccato), con questa nuova band nata nel 2014.
Gustafsson e Rundqvist sono davvero esperti della materia, quindi possiamo ampiamente ritenerci soddisfatti sotto l'aspetto strumentale ed esecutivo ed anche le due chitarre non sono da meno, soprattutto quella di Bertilsson, usata anche per inserire boccate d'aria sotto forma di linee melodiche.

Il precedente "Forensic Nightmares" era un album davvero potente, veloce, tagliente, che funzionava alla perfezione (soprattutto il lato A. Sí, l'ho preso in vinile) che pur non inventando nulla, riusciva a gasarti (si dice ancora?) e farti alzare la manetta del volume. Oggi, Wherever They May Rot presenta gli stessi elementi ma, purtroppo, l'ispirazione è un pochino calata e la tracklist risulta zoppicante.

Il nuovo disco ha un alone americano ben presente (Obituary, Malevolent Creation) che si mescola bene al loro death svedese (non di scuola Goteborg ma di derivazione Grave, Unleashed), il problema è che non tutte le tracce colpiscono nel segno. La partenza è a razzo con due/tre brani ben sotto i 3 minuti ma, ahimè abbastanza sterili, banali, che non trasmettono più di tanto e si perdono in uno sfoggio di armi del mestiere. La cosa si fa più interessante col proseguire delle canzoni, troviamo ritmi più cadenzati ed una ispirata title track ad alzare l'attenzione su un album fino a qui piuttosto impalpabile. Ma è nella seconda parte del disco, quella più strutturata, che si sentono le cose migliori. Riff incastrati in maniera migliore, variazioni di tempo azzeccate, sottili melodie infilate qua è la, assoli di scuola Carcass a condire il tutto che si alternano a momenti più diretti ed accelerazioni che sollevano sassi che ti si scagliano in faccia. I suoni sono una bomba e sono stati scelti in maniera saggia, evitando una produzione eccessivamente roboante ma mantenendo una buona pulizia e tanti muscoli, in questo modo quando i Cut Up sono ispirati, fanno davvero male.

Dispiace solo constatare una leggera flessione rispetto all'album di debutto, stiamo comunque parlando di death metal ottimamente eseguito ed i ragazzi sapranno sicuramente riprendersi e tornare con ancora maggiore convinzione.
Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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