Kosmokrator - First Step Towards Supremacy

Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2016
Durata:32 min.
Etichetta:Ván Records

Tracklist

  1. INITIATE DECIMATION
  2. DEATH WORSHIP
  3. KOSMOKRATORAS III - MOTHER WHORE
  4. MYRIAD

Line up

  • T.: bass
  • E.: drums
  • C.M.: guitars (lead)
  • M.: guitars (lead), vocals (backing)
  • J.: vocals

Voto medio utenti

Il demo "To the Svmmit", che i belgi Kosmokrator pubblicavano nel 2014, aveva destato un certo interesse nella scena underground estrema per via di una sapiente commistione di generi diversi e di una atmosfera assolutamente malata.
Gli stessi ingredienti vengono ora replicati sul nuovo EP "First Step Towards Supremacy", licenziato dalla Vàn Records, che ci offre quattro nuove composizioni per una durata complessiva di ben 33 minuti.
L'aggettivo che meglio definisce la musica dei Kosmokrator è asfissiante: il loro death metal, intriso di black e doom, ha un alone malsano e sinistro che lo rende inquietante e, appunto, asfissiante.
Il suono dell'album sembra essere appiccicoso e denso come una melma che, lurida e lenta, ti viene incontro risucchiando nel suo vortice contorto ogni cosa gli si pari d'innanzi, una melma che unisce Immolation e Portal, growl soffocante e urla belluine, ritmi pachidermici ad improvvise velocità dilanianti, lunghi momenti quasi lisergici e il gelo del nord, dissonanze metalliche e profumo di incenso, una melma, dunque, difficile da digerire o da definire con precisione.
La cosa certa è che "First Step Towards Supremacy" oltre ad essere un disco di death metal "moderno", è un album disturbante e pericoloso nelle cui spire si nascondono le turbe di musicisti inclini alle fascinazioni del male nelle sue multiformi sfaccettature.
I Kosmokrator, come fatto all'esordio, danno prova di avere una naturale dimestichezza nel creare atmosfere nere come la pece e frequenze disturbanti degne dei migliori progetti dark ambient, sempre nell'alveo di un suono devastante e terribilmente angosciante.
Benvenuti nell'inferno di questi folli.
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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