Copertina 4

Info

Anno di uscita:2002
Durata:63 min.
Etichetta:Steelheart
Distribuzione:Adrenaline

Tracklist

  1. CONCRETE EDEN
  2. THE MACHINE
  3. BLACK OCTOBER
  4. SOMEONE NOT ME
  5. MANIFESTATION
  6. VICTORY PROCESSION
  7. VISONS
  8. REVELATIONS
  9. THE FINAL HOUR
  10. ISSUES
  11. END OF DAYS

Line up

  • Leon Ozug: vocals
  • Matt Howestein: guitar
  • Timithy Becker: keyboards
  • Brian Kowalsky: bass
  • Rick Miller: drums

Voto medio utenti

Come se ormai il mercato prog metal non fosse già da tempo saturo ed inflazionato a sufficienza, eccoci a questo terzo lavoro di una band che fino ad oggi di gloria ne ha racimolata ben poca.
Alcuni forse li ricorderanno più per il fatto di aver preso parte a due tributi a Queen e Dream Theater (rispettivamente "Attack Of The Dragon" e "Voices").
In verità la discografia segnala questa produzione come quarta della band, ma "Paradise Lost" del 2000 non sarebbe altro che la ristampa che raggruppa insieme "Modern Prophet" e "Frame Of Mind", precedenti due uscite autoprodotte.
Un po' triste a dirlo, ma ormai per bands come questa nella maggioranza dei casi già si sa cosa aspettarsi, ancor prima di aver inserito il cd nel lettore.
La band fa essenzialmente perno su chorus epici e tutto sommato in qualche caso passabili, anche se non memorabili e supportati da una voce spesso non sconvolgente, per catalizzare l'interesse dell'ascoltatore. Giungere ad essi è un'odissea: bisognerà inerpicarsi, scalare e farsi strada tra versi, pre-chorus, stacchi strumentali, sonorità e riffs di quinta mano noiosi, banali, essenzialmente flosci, tanto da non veder l'ora che terminino.
Caratteristica, questa, che dilaga del tutto da "Manifestation" in poi.
Anche i punti di riferimento sono orami sempre gli stessi: Dream Theater, Rush, Queensryche, Queen, etc, etc, etc.
Per il resto la title track apre attingendo ai Dream Theater di "Awake" e "Falling Into Infinity": il verse scimmiotta particolarmente quello di "Just Let Me Breathe". Break mediano strumentale ed assolo in cui l'axeman subito dimostra la sua convinzione che per sentirsi bravi basta andar giù di contropennate selvagge e basta, lasciandoci scettici per la sua vocazione armonico/melodica.
"Black October" e "Someone Not Me" in generale si lasciano ascoltare, ma più per qualche melodia che per tutto il resto. Tutto il resto è ampiamente ignorabile, tasso tecnico compreso.
Recensione a cura di Fulvio Bordi

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