King 810 - La Petite Mort or a Conversation with God

Copertina SV

Info

Anno di uscita:2016
Durata:60 min.
Etichetta:Roadrunner
Distribuzione:Warner

Tracklist

  1. HEAVY LIES THE CROWN
  2. ALPHA & OMEGA
  3. GIVE MY PEOPLE BACK
  4. VENDETTAS
  5. BLACK SWAN
  6. THE TRAUMA MODEL
  7. LA PETITE MORT
  8. I AIN'T GOIN BACK AGAIN
  9. WAR TIME (FEAT. TRICK TRICK)
  10. LIFE'S NOT ENOUGH
  11. ME & MAXIN
  12. WOLVES RUN TOGETHER
  13. A CONVERSATION WITH GOD

Line up

  • David Gunn: vocals
  • Andrew Beal: guitar
  • Eugene Gill: bass
  • Andrew Workman: drums

Voto medio utenti

Dopo i buonissimi riscontri commerciali del debutto sulla lunga distanza “Memoirs of a Murderer”, pubblicato un paio di anni fa sempre su Roadrunner, torna la band del Michigan capitanata dal simpatico frontman David Gunn con questo enigmatico “La Petite Mort or a Conversation with God”, testimonianza che a livello mediatico l’onda del nu rap metal è ancora più viva che mai, anzi probabilmente è tra i generi ancora remunerativi di tutto il panorama.

I King 810 non inventano nulla ma tra battage pubblicitario architettato ad arte, dichiarazioni polemiche ed appositamente scatena-canizza da parte del proprio disturbato (per finta? probabile…) alfiere ed un indubbio impatto sonoro, basato su ritmi pachidermici su cui Gunn declama i propri versi di denuncia verso un mondo ricolmo d’odio e violenza, senza dubbio riescono ad attirare le attenzioni, specialmente tra il pubblico più giovane e meno uso ai prime movers di 15 anni fa, vedi quegli Slipknot a cui lo stesso Gunn si rifa’ molto - perlomeno per la prima metà del disco - come un novello Corey Taylor e che, ironia del destino, hanno accompagnato in tour lo scorso anno.

La dissonante intro “Heavy Lies the Crown” apre un disco monolitico, fin troppo, molto povero di idee e soluzioni, probabilmente molto più ricercato a livello lirico che musicale, aiutato peraltro da una produzione targata Roadrunner, ovvero a dir poco roboante e curata, senza la quale i brani fin troppo asciutti e diretti riuscirebbero a comunicare certamente meno.
I riscontri a dir poco esagerati che la stampa, anche nostrana, ha riservato a questi ragazzotti “colpevoli” di essere cresciuti in un posto schifoso come Flint, una città del Michigan con un tasso del crimine ed un inquinamento che se la batte con Detroit (sebbene credo che i nostri difficilmente girerebbero per Scampia in tutta tranquillità come se fossero a casa loro..), finiscono per essere controproducenti verso gli stessi King 810 che non meritano il peso di imbarazzanti paragoni con cui non possono reggere il confronto, con l’ovvio risultato di esserne schiacciati ed annientati, finendo per ottenere nient’altro che una sonora bocciatura. Tutto questo, come detto in apertura, vale per la prima metà del disco, poi le cose cambiano radicalmente.

Infatti al contrario, se prendiamo “La Petite Mort or a Conversation with God” semplicemente come un disco che vuole rinverdire certi fasti del passato rendendogli omaggio, e perlopiù come uno “spoken word show” di Gunn, che tra urla disumane, sussurri e sospiri pare più imbastire uno spettacolo teatrale o un monologo, dato che spesso la musica è quasi assente ("I Ain't Goin Back Again" o "Life's Not Enough" e da lì fino al termine del disco ci sono praticamente solo episodi trip-hop con tanto di deliranti assolo di sax, e non sono i soli momenti completamente fuori contesto metal...e fatti salvi i primi sette brani la presenza dei King810 all'interno del panorama metal è un mistero di cui solo il music business è a conoscenza) fa da comprimaria tramite uno o due riffs ripetuti ipnoticamente a fare da sfondo, allora ne possiamo apprendere sia il potenziale sia il significato, come nella poetica “Black Swan”, quasi un apocalittico addio ad una Terra che il genere umano sta degradando con la propria vile presenza.

Una band che in ogni caso ha carisma e qualcosa da dire, e di questi tempi è già tanto.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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