Leng Tch'e - The Process Of Elimination

Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:33 min.
Etichetta:Relapse
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. THE FIST OF THE LENG TCH'E
  2. DON'T TOUCH MY SPANDEX
  3. OVERKILL BILL
  4. ANOTHER HIT SINGLE
  5. BOBBY-JOE'S SLUMBER PARTY
  6. REMOTE CONTROLLED
  7. GLAMOURGIRL CONCUBINE
  8. INGEST/DISSENT
  9. SCHEMATIC
  10. MAN'S INHUMANITY TO MAN
  11. MOTORGRINDING
  12. FAT CAMP
  13. ICON RESIZER
  14. DERISIVE CONSCIENCE
  15. PATRIOTIC PLEASURE
  16. THE PLASTIC MOTIVE
  17. TESTOSTERONE COLLAR
  18. SCENE SCENERY
  19. CLARITY DENIED
  20. MEDIOCRITY CONTEST
  21. PIMP
  22. REALITY?TV
  23. ALLIANCE OF BLOCKHEADS
  24. TERMINAL EXCESS PATIENT

Line up

  • Boris: vocals
  • Nicolas: guitars
  • Jan: guitars
  • Geert: bass
  • Svencho: drums

Voto medio utenti

Terzo disco per i belgi Leng Tch’e, primo su Relapse Records. La band appartiene all’ultima ondata generazionale di bands grindcore, quella venuta dopo i Nasum per intenderci, e quindi parliamo di un grind con una produzione cristallina e potente, con patterns che spesso sfociano nel grind’n’roll e in una serie di influenze più meno accentuate nella musica. Tuttavia i Leng Tch’e si erano tenuti alla larga da questi clichè, con i primi due ottimi album, e parlo soprattutto dell’ultimo “Man-Mad-Predator”. Il passaggio alla Relapse segna una svolta che, dal mio punto di vista, non è propriamente ottimale.
Innanzi tutto la band ha cambiato 3/5 della line-up e ciò, alla luce di quello che vi dirò, sembra aver peggiorato la situazione, poi la produzione del rinomato Tue Madsen e dei suoi Ant Farm Studios è troppo pulita e cristallina, e ciò se da un lato da maggior impatto dal punto di vista del suono, dall’altro canto fa perdere alla band il calor bianco proprio del grindcore, il suono grezzo e viscerale che è proprio di questo genere. Forse la morte di Mieszko Talarczyk ha scombinato i piani della band, i quali sono sicuro erano quelli di registrare il disco ai Soundlab Studios. Dulcis in fundo il passaggio della band al rooster Relapse da una certa omologazione al suono dei Leng Tch’e, i quali provano a dare contaminazione alla propria musica, e quindi oltre ad un approccio più rock’n’roll-oriented, ecco che troviamo il riff stoner/sludge di “Glamourgirl Concubine” o il vero e proprio monumento al rock’n’roll grezzo di “PIMP”, non mancano echi punk oltre a quelli thrash/death metal. In tutto questo che fine fa l’assalto spietato dei due precedenti dischi? C’è, statene certi, ma molto spesso o è sotterrato sotto i difetti già citati oppure è dissimulato, laddove la band pensa di farci male con qualche accelerazione fulminea, dimenticando l’olocausto sonoro dei due precedenti dischi.
Tuttavia canzoni come “Remote Controlled” e “The Plastic Motive” sanno far male, ma spesso restano episodi sporadici di un disco che vorrebbe spaccarci le ossa, ma ci riesce solo a metà.
Peccato poi che non possa leggere le lyrics che spesso sono il pezzo forte di questi belgi, ma evidentemente le etichette discografiche ritengono che i testi siano una parte superflua del tutto.
In definitiva un disco comunque discreto, il quale sicuramente non mantiene le promesse di intensità, aggressività, violenza sonora e massacro auricolare che il precedente disco faceva supporre, ma al tempo stesso un disco che non merita di essere messo in croce più di tanto, perché qualcuno disposto a bagnarsi e gemere per queste 24 tracce lo si trova sempre.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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