Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2016
Durata:25 min.
Etichetta:Indie

Tracklist

  1. INTRO
  2. MEMENTO
  3. USELESS
  4. MY TRAGEDY
  5. DAYLIGHT SUPREMACY
  6. SURRENDER THE THRONE
  7. LAY DOWN

Line up

  • Tommaso: vocals
  • Leonard: guitars
  • Nicolò: guitars
  • Fabio: bass
  • Paolo: drums

Voto medio utenti

Sarà che ho dei problemi mentali seri, sarà quel che sarà, ma io ogni volta che vedo un "O'Matic" da qualche parte vado con la memoria a Sam and Max e all'Obsess'O'Matic. In questo caso il contesto è decisamente diverso, come si dice in gergo "non si scherza un cazzo"..e noi non siamo nessuno per contraddire i detti.

I Death-O-Matic (coi trattini) vengono da Parma e sono un gruppo di recente formazione, fresco, essendo nati praticamente un annetto e mezzo fa dall'incontro della sezione ritmica formata da Paolo e Fabio, a cui si sono poi uniti i diversi membri che compongono ora il quintetto che produce "XXV", prima prova sulla media distanza per il combo emiliano.
"XXV" come i minuti di questo disco, ricchi di cattiveria e devastazione, fatto eccezione per il minuto e mezzo di "Intro". Un death metal melodico di chiarissima ispirazione scandinava, anche se in più di un'occasione mi è parso di sentire nelle soluzioni adottate un thrash affine ai Machine Head, in particolare per il cantato graffiante di Tommy, simile al Robb Flynn d'antan, così come ai DevilDriver di Dez Fafara.
Forse una varietà più marcata tra i vari brani avrebbe aiutato "XXV" a distinguersi maggiormente, dato che il songwriting lascia in questo senso un pochettino a desiderare, ma la qualità dei brani è davvero eccellente e la mancata eterogeneità riesce a passare in secondo piano in favore di una proposta fresca e d'impatto.

"XXV" è quindi un'ottima rampa di lancio per i Death-O-Matic che, se non si lasceranno travolgere dalla notorietà o da etichette troppo pressanti, potranno senza dubbio dire la loro in un settore estremo italiano che ultimamente langue un po' in ambito death/thrash. Decisamente promossi.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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