Copertina 7

Info

Anno di uscita:2016
Durata:47 min.
Etichetta:Superball Music

Tracklist

  1. SILENT EARTHLING
  2. STREBEK
  3. KRAKEN
  4. BLIMP
  5. ENGRAMS
  6. TEKKERS
  7. HEMISPHERE
  8. RAINBOW ROAD
  9. ELSEWHERE

Line up

  • Adam Betts: drums
  • Matt Calvert: guitar, keys
  • Tom Rogerson: keys

Voto medio utenti

Prendete un insegnante di batteria che picchia duro, un chitarrista rock e un tastierista che si sente un dj e otterrete i Three Trapped Tigers. Ho banalizzato molto, lo ammetto, ma non penso di essere andato così lontano da una mezza verità. Questo trio strumentale non è propriamente inclassificabile ma concentra al suo interno talmente tante influenze (math rock, elettronica, noise, dance, post-rock, djent, musica minimalista, ecc.) da risultare tale. In poco più di tre quarti d'ora giurerei di aver sentito molti riferimenti alla musica mainstream di Chemical Brothers, Massive Attack, Depeche Mode e ultimi Pure Reason Revolution con un approccio stilistico più simile a quello dei Kraftwerk di Düsseldorf che a quello di una tipica band metal. Già l'esordio "Route One Or Die" del 2011 aveva fatto gridare al miracolo più di una persona per il suo sound così "sui generis", tanto da affascinare un personaggio del calibro di Brian Eno che ha sprecato più di una parola in favore del combo londinese.

"Silent Earthling" è un lavoro sicuramente affascinante che sembra però urlare "ammazza quanto siamo fighi!" più che lasciare qualcosa di davvero "speciale" alle orecchie di chi ascolta. Da' da pensare anche il fatto che le canzoni si attestino tutte sui cinque minuti nonostante la molteplicità di elementi messi in campo, come a evidenziare una intrinseca necessità di voler "chiudere a tutti i costi" una volta arrivati a un certo punto della traccia (i finali un po' "buttati" di tutti i brani confermerebbero questa mia teoria). La performance è inattaccabile, in particolare quella del drummer Adam Betts, capace di dare il giusto groove a una musica che rischierebbe di suonare decisamente fredda (la lezione è quella dei già citati Depeche Mode che, non a caso, già da molti anni adoperano un batterista dal vivo per aumentare l'impatto della propria resa sul palco). Le performance live dei tre artisti britannici sono apprezzate ovunque (e da quello che gira su YouTube non ho motivo di dubitarlo) ma, per tutti i motivi di cui sopra, non riesco a dare più di un 7 a un lavoro così congeniato. Sono limitato io e non riesco a intuire il "suono del futuro"?
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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