Copertina 6,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2016
Durata:51 min.
Etichetta:Underground Symphony

Tracklist

  1. TRACE OF FATE
  2. SAIL AWAY
  3. GARDEN OF FEAR
  4. LEGIONS OF THE SUN
  5. ETERNAL DEEP
  6. THE KEY
  7. THE JOURNEY
  8. THE BATTLE

Line up

  • Oliver Strasser: vocals
  • Michael Brettner: guitars
  • Michael Stein: drums
  • Andreas Martin Wimmer: keyboards, bass

Voto medio utenti

Dietro al monicker Final Chapter si cela una realtà musicale "vecchia" di 12 anni. Il quartetto tedesco, accasatosi presso Underground Symphony nel 2004, ha al suo attivo solo due pubblicazioni a nome "The WizardQueen" (lo riporto come è scritto sulla copertina) dello stesso anno e il qui presente e fresco di stampa "Legions Of The Sun". Come mai tanta attesa? La band nelle interviste parla di "impegni" di varia natura. Alla faccia... Detto questo siamo al cospetto di un onesto disco di power/speed sinfonico di matrice teutonica, musicalmente vicino ai "soliti nomi" Helloween/Gamma Ray/Stratovarius, con una spruzzata di teatralità di scuola Magnum (negli inserti pianistici soprattutto) e parti cantate (merito anche degli ospiti presenti) dalle intenzioni più marcatamente americaneggianti (Virgin Steele e Manowar per capirci). Le composizioni sono tutte ad opera del fondatore Andreas Martin Wimmer, così come gli arrangiamenti, indubbiamente curati ma non particolarmente valorizzati in fase di produzione, alle mie orecchie troppo "zanzarosa" e nostalgica (mi risulta che gli Anni Ottanta siano finiti da un pezzo). I brani, nello specifico, sono tutti ben scritti (segnalo in particolare l'opener "Trace Of Fate", la più elaborata "Garden Of Fear" o l'epica e conclusiva "The Battle"). Detto questo, non me ne voglia nessuno, non mi sento di dire che abbiamo sentito negli anni la mancanza di questa formazione che, a mio avviso, nulla aggiunge e nulla toglie ai lavori delle band di riferimento sopraccitate. Se vi va di fare un salto nel passato questo è il disco che fa per voi altrimenti, mano sul cuore, possono tranquillamente passare altri 12 anni per ascoltare un nuovo disco del combo di Treviri.
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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