Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:135 min.
Etichetta:Roadrunner Records

Tracklist

  1. ACT I: DESCENT OF THE NOMACS
  2. DYSTOPIAN OVERTURE
  3. THE GIFT OF MUSIC
  4. THE ANSWER
  5. A BETTER LIFE
  6. LORD NAFARYUS
  7. A SAVIOR IN THE SQUARE
  8. WHEN YOUR TIME HAS COME
  9. ACT OF FAYTHE
  10. THREE DAYS
  11. THE HOVERING SOJOURN
  12. BROTHER, CAN YOU HEAR ME?
  13. A LIFE LEFT BEHIND
  14. RAVENSKILL
  15. CHOSEN
  16. A TEMPTING OFFER
  17. DIGITAL DISCORD
  18. THE X ASPECT
  19. A NEW BEGINNING
  20. THE ROAD TO REVOLUTION
  21. ACT II: 2285 ENTR'ACTE
  22. MOMENT OF BETRAYAL
  23. HEAVEN'S COVE
  24. BEGIN AGAIN
  25. THE PATH THAT DIVIDES
  26. MACHINE CHATTER
  27. THE WALKING SHADOW
  28. MY LAST FAREWELL
  29. LOSING FAYTHE
  30. WHISPERS ON THE WIND
  31. HYMN OF A THOUSAND VOICES
  32. OUR NEW WORLD
  33. POWER DOWN
  34. ASTONISHING

Line up

  • James LaBrie: vocals
  • John Petrucci: guitars
  • John Myung: bass
  • Jordan Rudess: keyboards
  • Mike Mangini: drums

Voto medio utenti

Me lo dovevano da 17 anni, finalmente ce l’hanno fatta.

Era dai tempi di Metropolis pt.2 che aspettavo un disco dei Dream Theater in grado di farmi emozionare, sobbalzare, applaudire: con questo “The Astonishing” i miei ragazzi riescono nell’arduo compito di scrivere quanto più si avvicina a un capolavoro, ovvero un bellissimo album. Certo, ci sono alcuni filler e alcune parti potevano essere evitate o accorciate, ma senza queste saremmo stati di fronte a qualcosa di epocale, da voto fuori scala.

Sinceramente non ci speravo, anche perché i mesi passati dall’uscita dell’ultimo album (inizialmente accattivante ma durato solo qualche giorno nello stereo) e dalla fine dell’ultimo tour sono stati ben pochi. Invece evidentemente la band oggi è coesa (più che in passato, mi tocca ammetterlo anche se il mio amore per Mike Portnoy non è certo sopito), affiatata, in grado di mettere a frutto il tempo trascorso insieme per lavorare al meglio sulle composizioni. Le ore spese per dare vita a questa doppia opera si sentono tutte, a partire dalla storia (lascio alla vostra curiosità viaggiare sul web alla ricerca della simpatica trama), passando per i testi e finendo, ovviamente, per la musica.

La cosa più importante è che in questo disco Jordan Rudess abbandona finalmente un buon 90% di tutti quegli orpelli inutili che avevano contribuito a rovinare diverse cose decenti degli ultimi lavori, tornando a suonare principalmente il pianoforte. Un’anima candida ma forte che impatta su tutto l’album e che, anche quando si trasforma in suono elettronico, difficilmente arriva a stancare o ad invadere il terreno riservato agli altri strumenti. John Petrucci conferma quanto invecchiare gli faccia bene, riuscendo ancora una volta ad offrire una prova maiuscola soprattutto a livello di assoli, dove la melodia e l’efficacia dominano rispetto alla tecnica. Mike Mangini fa un gran lavoro (forse meno in fase di mixaggio), ma un po’ in ombra, come quei mediani d’interdizione che non fanno notizia ma ti fanno vincere le partite. Stessa cosa si può dire di John Myung, che non farebbe notizia nemmeno se avesse un proprio giornale, nonostante la classe indiscussa e indiscutibile. Il vero mattatore di questo disco, però, è James LaBrie, che fornisce una prestazione vocale emozionante, matura, varia, quasi arrogante in quanto a perfezione. La sua efficacia sulle ballad non è mai stata in dubbio e spesso qui trova l’apoteosi totale, ma la capacità di raccontare una storia cantata come questa con trent’anni di carriera sulla groppa merita solo una lunga standing ovation.

Bene, immagino vogliate anche sapere della musica, delle canzoni. Sarò sincero: non sono andato nemmeno a leggermi i titoli e credo di essere intorno al quindicesimo ascolto. "The Astonishing" è un’opera da gustare nella sua interezza, un concept vero e proprio, in cui gli episodi si succedono uno dietro l’altro (volendo tornare al concetto di canzone, comunque, questa volta si osserva una certa predilezione per le durate brevi) in un alternarsi di emozioni vere. Ovviamente abbiamo tre o quattro temi portanti che si ripetono e vengono più o meno approfonditi, ma la varietà di melodie e soluzioni è a mio parere molto più marcata che, tanto per prendere un concept a caso, in Metropolis pt.2. Scordatevi il prog metal intricato, le sette corde arrabbiate a tutti i costi, prendete i Dream Theater più melodici ed ispirati, un’orchestra in carne ed ossa e fategli fare due ore e mezza di musica: ecco cosa avete tra le mani. Un’opera progressive rock vera, sincera e sorprendente. Un disco da approfondire con attenzione, in cui ascolto dopo ascolto si scoprono colori e sfumature sempre nuove.

Avere nelle orecchie questo album per chissà quanto e andare a gustarselo dal vivo (il prossimo tour prevede infatti la proposizione dell’intero "The Astonishing") è un obbligo morale non solo per tutti i fan della band, ma anche per i veri amanti della musica, che possono solo ringraziare questi cinque arzilli uomini maturi per essere riusciti, smentendo ogni pronostico, a stupire ancora.
Recensione a cura di Alessandro Quero

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 13 feb 2016 alle 13:46

sinceramente non gli do più di un 6 giusto per premiare lo sforzo di immaginazione della storia del concept. poi personalmente hanno smesso di fare album seri dai tempi di awake, poi sono diventati una cover band dei pink floyd....(la marcetta dei soldati in stile the wall di a better life se la potevano evitare). Molto più innovativo e interessante l'ultimo lavoro di buonanima david bowie

Inserito il 12 feb 2016 alle 11:29

Quindi, marcoozzy84, direi che la noia è molto meno... prova a pensare se mentre ti stai gustando un bel rapporto con una bellissima donna ogni cinque minuti fossi interrotto da qualcuno, anche solo per un minutino, beh il ricordo che ne avresti non sarebbe eccezionale, pur essendo il tempo di godimento nettamente superiore alle interruzioni, giusto? Da un bel po' di giorni lo ascolto continuamente in macchina, ma resto della mia idea. Non dico che non sia bella musica e suonata bene, ma io credo che in fase studio Myung e Mangini si siano annoiati da morire. Su 34 canzoni ci sono 25 "ninna-nanne" più o meno...poi è un album troppo cantato, a discapito delle parti strumentali che sono ridotte al minimo. E di prog ce n'è proprio poco a mio parere. Io preferisco le canzoni lunghe, dove la loro tecnica non viene "limitata" a vantaggio della storia..

Inserito il 12 feb 2016 alle 00:56

Ieri ho finito di prepararmi una versione dell'album che dura 99 minuti e 27 secondi (taglia e cuci fatto con i potenti mezzi di una vecchia versione free di virtual dj) e sinceramente sentito così è un autentico, meraviglioso capolavoro. Di pezzi interi ne ho tagliati pochini: i cinque NOMACS, act of faythe, begin again e whispers on the wind. Inoltre ho tagliato qualche intro o qualche coda che a mio avviso appesantiva. Non è che non ho niente da fare. Ho fatto per due notti le tre del mattino, ma volevo vedere cosa ne veniva fuori... ed è la solita questione, se questi incredibili musicisti usassero un pochino più le forbici (insomma sono sempre 100 minuti!!!) darebbero vita a immensi capolavori. Quindi, marcoozzy84, direi che la noia è molto meno... prova a pensare se mentre ti stai gustando un bel rapporto con una bellissima donna ogni cinque minuti fossi interrotto da qualcuno, anche solo per un minutino, beh il ricordo che ne avresti non sarebbe eccezionale, pur essendo il tempo di godimento nettamente superiore alle interruzioni, giusto?

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