Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2015
Durata:32 min.
Etichetta:Apathia Records

Tracklist

  1. ATONALITY
  2. A SURFACE
  3. RESURRECTION TO RESENTMENT
  4. SUNBURNT
  5. HATEFILLED
  6. MEANT TO BE WRECKED
  7. LIFE IN A BLOOD SPASM
  8. HOLLOW
  9. THE CRUSHED HARMONY

Line up

  • Vladimir Cochet: vocals, guitars, bass, programming

Voto medio utenti

Stando da questa parte della barricata posso dire che mi capitano veramente dischi di tutti i tipi, non solo come genere, proprio come approccio. Ci sono quelli che dopo mezza canzone sai già dove andranno a parare (nel bene e nel male), altri che ti maledici per averli scelti, altri che richiedono più passaggi, altri ancora che, nonostante hai decifrato la proposta, li continui ad ascoltare per puro piacere. Non è importante cosa ne pensi o cosa scriverai, ci penserai poi, intanto lo lasci suonare. È il caso di "The Crushed Harmony" dei Weeping Birth, che se poi pensi che a fare tutto è una persona sola, ti vien voglia di passare il confine per andargli a stringere la mano.

Già, Vladimir Cochet è il nome dietro questa one man band svizzera che, senza fretta, arriva a porre il al terzo sigillo in studio, appena sette anni dopo il precedente. E l'ammirazione cresce ancora, perché aver fatto passare tutto questo tempo vuol dire che l'ispirazione l'hai aspettata, che hai fatto le cose con passione, senza arrivismo, con i mezzi che avevi a disposizione e finisce che il voto a lato diventa una semplice formalità.
Vladimir è impegnato in diverse band e svariati progetti, spesso realmente brutali e cattivi ma qui, con gli Weeping Birth si esprime in totale libertà.

Ce ne vuole per suonare death metal oggi, senza calarsi in un sotto-genere specifico, senza ricoprirsi di cliché (spesso piacevoli, lo ammetto) senza scimmiottare qualcuno e, soprattutto, senza sbrodolamenti tecnici a caso. I Weeping Birth ci riescono e confezionano nove pezzi, diversi tra loro in modo intelligente; mantengono infatti uno stile identificabile pur inglobando elementi differenti. Non sono canzoni fatte su con due riff ma sono, invece, complesse senza essere cervellotiche, ospitano ampie parentesi black sia nel riffing che nel tipo di cantato, possono diventare nere, lente, oppressive, così come veloci e dirette, oppure più impegnative, melodiche e malinconiche. C'è perfino un po' di programming, qualcosina di industrial (ma poco poco). Per tutti questi motivi viene voglia (come dicevo prima) ti tornarci sopra più volte ed è un dolce metabolizzare.
Preciso, tecnico nel modo giusto e dalle intense atmosfere, questo album ha davvero molte frecce al proprio arco per colpire l'ascoltatore, ed inglobando un mix di stili (facciamo 65% death e 35% black) può essere apprezzato senza distinguo dagli amanti dell'estremo.


Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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