Axis of Perdition, The - Deleted Scenes From The Transition Hospital

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:57 min.
Etichetta:Code666
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. DELETED SCENES I: IN THE HALLWAY OF CRAWLING FILTH
  2. THE ELEVATOR BENEATH THE VALVE
  3. PENDULUM PREY (SECOND INCARNATION)
  4. ISOLATION CUBICLE 312
  5. ENTANGLED IN MANNEQUIN LIMBS
  6. THIS, THEN, IS PARADISE?
  7. ONE DAY YOU WILL UNDERSTAND WHY
  8. DELETED SCENES II: IN THE GAUZE-WOMB OF THE GOD BECOMING

Line up

  • Brooke Johnson: vocals, guitars
  • Michael Blenkarn: guitars, keyboards
  • Ian Fenwick: bass
  • Dan Mullins: percussion

Voto medio utenti

A pochi mesi di distanza dal mini “Physical Illucinations…” tornano i The Axis Of Perdition. Il nuovo “Deleted Scenes From Transition Hospital” riparte proprio da quel disco, anche se ne discosta non poco. Ormai il black metal non fa parte più del bagaglio sonoro della band, almeno non nel senso comune del termine. I nuovi The Axis Of Perdition si sono trasformati in un agghiacciante ibrido black ambient/industrial/doom, dove l’esplorazione della mente, dei suoi più reconditi recessi, sembra diventato l’obiettivo principale della band. E quando si scava a fondo dentro la psiche si può capitare in stanze oscure, buie, senza finestre, e ci si può rimanere intrappolati.
È un po’ questa la sensazione che si ha in questo disco, un disco dove il rumore di fondo è assordante, dove il cigolio, il clangore, il convulso pulsare di una fabbrica in decadimento, sono una parte fondamentale del tutto. È come mettere insieme Mz412, Void Of Silence ed Evoken, infettarli con i Godflesh e servirli on the rocks. Un incubo claustrofobico ed angosciante è il nome di questo cocktail.
Certo talvolta si nota che per la band questo è un esperimento primigenio, nel senso che è evidente una certa ingenuità di fondo, soprattutto nella struttura delle canzoni, se così si possono chiamare questi otto pezzi di metallo arrugginito. In effetti il pezzo migliore è senza dubbio “Pendulum Prey (Second Incarceration)”, dove il singer è veramente schizofrenico e maniacale e dove nel finale si sovrappongono il suono di un’orchestrina jazz e il noise più disturbato e disturbante. Non male nemmeno “This, Then, Is The Paradise?”, col suo finale brutale ed allucinato.
Nel complesso un buon disco, con qualche passaggio a vuoto di troppo, soprattutto ho notato il poco ruolo dato alle parti vocali, ridotte all’osso. Forse è una scelta della band, che preferisce lasciar parlare le macchine, ma gli inserti brutali del singer, così come le sue spoken words catartiche danno una marcia in più ai pezzi.
Per il resto ci troviamo di fronte ad una nuova forma di espressione della malattia mentale, qualcosa che a tratti è mostruoso, qualcosa che si muove, che sta mutando, che non ha ancora assunto una forma definitiva, ma che, e siamo pronti a giurarlo, prima o poi sorgerà dal disfacimento che l’ha originato, e sarà lucente, affilato, crudele, malvagio. Per cosa? “One Day You Will Understand Why…”
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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