Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2014
Durata:54 min.
Etichetta:Candlelight Records

Tracklist

  1. SABBATH HEX
  2. UBERMENSCH
  3. THE DEVIL'S WHIP
  4. DEMON BLUES
  5. HEAVY LIES THE CROWN
  6. INTO THE ARMS OF MORPHEUS
  7. MYTHICAL KNIVES
  8. BLOODZILLA
  9. THE ABYSS
  10. TITAN
  11. BLOOD OF THEM
  12. THE SHADOW OVER INNSMOUTH

Line up

  • Martyn Millard: bass
  • Chris Turner: drums
  • Joe Hoare: guitars
  • Ben Ward: vocals

Voto medio utenti

Pistolotto iniziale

...e che non si commetta l'imperdonabile errore di pensare "tutto questo stoner ha stufato, è tutto uguale, è di moda, lo fanno tutti..." no signori, il discorso va bene per i giovani pischelli che imboccano ora il sentiero musicale e si rifanno in toto ai portabandiera di questo genere; altra questione è parlare di questi musicisti che con una carriera formidabile hanno mantenuto coerenza e qualità a livelli altissimi. Back From the Abyss potrebbe, alla luce di quanto detto, essere preso come l'ennesimo album degli Orange Goblin, quando invece è un altro album degli Orange Goblin fottutamente grandioso. Ce ne passa.

Fine del pistolotto

Ripercorrere la carriera degli inglesi dal 1995 ad oggi mi sembra superfluo, se state leggendo queste righe significa che qualche capolavoro come Time Travelling Blues o Coup De Grace lo conoscete, oppure uno qualsiasi dei loro 7 album precedenti a questo Back From The Abyss lo avete ascoltato, quindi sapete delle loro origini più psych-doom che sono state alleggerite a favore di uno stoner a volte più tendente all'hard rock/metal, altre più blueseggiante o motorheadiano, vero? Vabbè, se non lo sapevate ormai ve l'ho detto. Spinti dal successo (finalmente la gente se n'è accorta) del precedente Eulogy of The Damned che li ha portati anche a realizzare il live Eulogy For The Fans, gli inglesi battono il ferro finché è caldo, fanno una bella scorta di birra ed entrano in studio senza far passare troppo tempo come successo in precedenza.

Bene, visto che le coordinate le abbiamo stabilite, tanto vale accenderci una "sigaretta farcita", salire sul pick-up e farci uno spazio-giro, direzione sconosciuta.

Questo nuovo capitolo inizia nel più classico stile Orange Goblin con Sabbath Hex che solamente verso 3/4 diventa riflessiva e rallentata, poco dopo The Devil's Whip alza il tiro ed i giri del motore cominciano ad aumentare pericolosamente verso la zona rossa, il Motorhead-sound prende piede e scuote tutto, per una frustata tanto breve quanto intensa. Finora possiamo considerarla una partenza abbastanza standard per i Nostri che con Demon Blues cominciano a fare sul serio, il basso pulsa come sangue eccitato nelle vene, il sound scorre denso, le armonizzazioni sono riuscite e la canzone se ne esce con in refrain vincente che colpisce senza sputtanarsi. Spazio ora all'ipotetico singolo del disco, Heavy Lis The Crown, dall'inizio blueseggiante, con una vena psichedelica rispolverata e la chitarra in primo piano che dipinge belle strutture ed accattivati melodie, prima che il ritornello sia appannaggio delle linee vocali, sempre sostenute magistralmente Joe Hoare che continua a ricamare e arrangiare il pezzo con un piglio da jam session. Non vorrei annoiare troppo con questo track by track, vi basti sapere che l'animo blues continua su Into The Arms Of Morpheus con un Millard sugli scudi, prima che arrivi il piatto forte di Mythical Knive, dall'inizio acustico che sembra introdurre una ballad e che invece si trasforma in un pezzo energico, suadente, trascinante, da lacrime. Una canzone che vale il disco. Dai che siamo in discesa verso la fine, una bella spinta ce la dà Bloodzilla che arriva a scompigliare le carte e scatenare l'ignoranza rock 'n' roll ad alto voltaggio, questo fino a che dalla tasca di Hoare esce un altro dei suoi infiniti riff e ti butta lì una The Abyss e dopo pochi secondi il groove è totale e lo scapocciamento inevitabile. Si chiude lo spettacolo con Blood of Them (preceduta e seguita da due brevi pezzi strumentali molto chitarrosi) ed è ancora una grande canzone, pesante, piena, grossa, parzialmente debitrice dei vecchi Sabbath/Pentagram, ma con un quid diverso.

Per concludere, cerco di limitare un po' la mia esaltazione per questa band, assegnando un voto (quasi 8) probabilmente più basso di quello che si meriterebbero, visto anche i capolavori precedenti, d'altronde la loro ricetta a base di hard rock settantiano, doom, classic metal, blues e palate di stoner non sarà originale ma rimane vincente. Io mi accontento e godo.

Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 08 ott 2014 alle 15:07

La copertina stile "Final Frontier" con quel carattere che un gruppo stoner c'entra ben poco e il fatto che sto disco sia realizzato in tempi piuttosto ristretti per gli Orange Goblin mi fanno temere per il peggio, però le parole del recensore (nonchè la grande coerenza mostrata dal gruppo negli anni) mi tranquillizzano

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