Copertina 8

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2014
Durata:47 min.
Etichetta:Karisma Records

Tracklist

  1. OH, MY GRAVITY!
  2. WINDSHEARS
  3. ESCHATON HORO
  4. EXTRACTION
  5. GOD LEFT US FOR A BLACK-DRESSED WOMAN

Line up

  • Fredrik Mekki Widerøe: drums
  • Erlend Vottvik Olsen: guitar
  • Stian Økland: vocals, guitar
  • Tormod Fosso: bass
  • Benjamin Mekki Widerøe: saxophone
  • Håkon Vinje: keyboards

Voto medio utenti

Interessantissimo questo debut album dei norvegesi Seven Impale, i quali, a dispetto del monicker, sono in sei e non in sette, e non sono degli impala, almeno non mi sembra (auto-ban per me, ndr)

Quello che potete trovare in questo primo "City of the Sun" è esattamente quello che già i Seven Impale ci avevano regalato nell'EP "Beginning/Relieve", ossia un sound di chiara matrice prog rock, ma talmente elaborato, inquinato (nel senso buono del termine), pieno zeppo di commistioni e suggerimenti, e suoni e strumenti diversi, che potrei facilmente darvi anche Frank Zappa tra i padri ispiratori di questo sorprendente combo.

L'album vive di 5 brani, il primo dei quali, "Oh My Gravity!" è un pò una summa di quanto detto testé, racchiudendo nello spazio di 10 minuti una tale pletora di sfumature e di 'movimenti' che è davvero un piacere sentire una band al suo primo album avere una mole di idee così grande. Ma non sono solo le idee, giacché i sei sanno suonare eccome, pur non lasciandosi mai andare ad inutili virtuosismi fini a se stessi, o a prestazioni vocali di puro lirismo, neanche per sogno. Qui è il viaggio che conta, e laddove "Wind Shears" ti cattura con un motivo portante poi stravolto dai continui cambi emotivi della band, "Escaton Horo", forse il mio brano preferito, spinge sulla potenza, inserendo qualche distorsione in più da una parte, e gli xilofoni dall'altra. Fantastico. L'album avrà lo stesso mood fino alla fine, tra le suggestioni floydiane di "Extraction" e la folle, folle, folle idea alla base della sorprendente "God Left us for a Black Dressed Woman", geniale già dal titolo.

Non vi nascondo che la cosa più bella che mi ha dato l'ascoltare questo album è proprio l'originalità, la freschezza di una proposta che mi arriva sul tavolo dopo due-trecento cd tutti uguali, più o meno belli e più o meno riusciti, ma tutti (o quasi) incanalati verso uno 'standard' commerciale che, lentamente ma inesorabilmente, sta inquinando anche la nostra amata musica. In questo scenario sconfortante, ben vengano bands giovani e innovative come i Seven Impale, che avranno pure imparato tutto da chi li ha preceduti, ma sanno proporlo con personalità innegabile. Dategli un ascolto.
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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