Con
Collapsing Colors anche i
Deshody, quintetto originario di Frosinone, riescono ad arrivare al debutto discografico attraverso SG Records. Il gruppo era già stato ospite di MetalHammer.it (nella gloriosa versione di Metal.it) con il demo
Hayball, datato 2010, con la medesima proposta musicale del primo full-lenght oggetto di questa recensione, ovvero un thrash/death orientato verso il moderno -core, una sorta di misto fra passato e presente. I
Deshody hanno ben chiaro l'obiettivo della loro musica, che sta nel creare un muro di suono compatto, talvolta più accelerato talora maggiormente cadenzato, portando il tutto verso un groove pesante con leggeri influssi melodici derivanti probabilmente dallo swedish death. Ci troviamo dunque di fronte ad un thrash/deathcore, con stile vocale growl/scream, carico di energia e con un buon songwriting, destinato in larga parte ad un pubblico metallico moderno, anche se gli amanti dell'estremo anni '80 e '90 potrebbero non disprezzare il risultato (accettando ovviamente una commistione con le sonorità attuali).
L'impatto con il suono imbastito dai
Deshody è immediato in questo
Collapsing Colors, disco che vede al suo interno undici tracce per una quarantina di minuti di durata, già con l'opener
Losing Control, dove il massiccio riffing e la devastante sezione ritmica non perdono l'occasione di martoriare l'ascoltatore, che, prima della fine dell'album, vedrà realmente i
colori collassare. Questa prima canzone non si collega solamente all'attuale panorama -core, sia esso thrash o death, ma pure al djent, genere in crescita e figlio della contorta opera metallica degli svedesi
Meshuggah.
Losing Control rappresenta quella parte più cadenzata e melodica, soprattutto grazie agli assoli di chitarra, di cui si parlava precedentemente. Dunque qui si parla più di un djent con sprazzi di melodia, forse un po' distante dal termine -core, che si presenta invece nella seguente
Gray Faces nella sua variante più hard/death. Con
Calypso si torna ancora in territorio djent, pur intrecciato ad un death classico; molto interessante le parti groove che si incontrano nel mezzo del pezzo.
Each of Us Lives... è più ritmata rispetto alle precedenti, con un ritorno delle parti melodiche discendenti dallo swedish death.
Harpooned to the Ground riporta alla mente il death classico come trama musicale, anche se il cantato si inoltra maggiormente in territorio moderno. La struttura del pezzo è molto intricata con continui cambi di tempo ed evoluzioni musicali, probabilmente uno dei migliori brani di
Collapsing Colors.
History of a Legion rievoca ancora una volta il fantasma meshuggiano, il riffing pesante ed ossessivo, così come il ritmo ridondante, portano assolumente in campo djent. L'unica cosa che si differenzia dal resto della canzone è il chorus, sempre influenzato da pennellate di death melodico.
Code riunisce thrash e metalcore (thrashcore? forse, in realtà sembrano più dimensioni distinte) in un altro pezzo che si può segnare fra gli highlight dell'album. La seguente
The Apple (Break the Pact) è un altro brano furioso, aggressivo, aderente al metalcore standard, mentre
Memory Lapses trae spunto interamente dal death con trame melodiche.
Something to Live for è legata alla precedente, passando invece alla conclusiva
Reflecting on the Way si trova la quadratura del cerchio, riff pesanti, cori anthemici, melodia ricamata in sottofondo, aggressività, insomma tutti gli elementi appartenti allo stile dei
Deshody.
Al termine di
Collapsing Colors si può sicuramente dire che il gruppo frusinate abbia ben fisso in testa il proprio obiettivo musicale, ovvero quello di dispensare aggressività e potenza ispirandosi a tutti i generi e sottogeneri estremi del Metallo. Nonostante non si denoti una grande originalità, i
Deshody si difendono molto bene e siamo sicuri che possano crescere nel tempo.
Video di Memory Lapses