W.A.S.P. - The Neon God - Part 2 - The Demise

Copertina 6

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2004
Durata:47 min.
Etichetta:Sanctuary
Distribuzione:Edel

Tracklist

  1. NEVER SAY DIE
  2. RESURRECTOR
  3. THE DEMISE
  4. CLOCKWORK MARY
  5. TEAR DOWN THE WALLS
  6. COME BACK TO BACK
  7. ALL MY LIFE
  8. DESTINY'S TO COME
  9. THE LAST REDEMPTION

Line up

  • Blackie Lawless: vocals, guitars
  • Darrell Roberts: guitars
  • Mike Duda: bass
  • Stet Howland: drums

Voto medio utenti

Dopo una prima poco entusiastica recensione della "part 1" di questo doppio album degli W.A.S.P. va da sé che "The Neon God - part 2 - The Demise" non possa sperare, almeno da parte del sottoscritto, in aperti elogi o quanto meno cambiamenti di posizione rispetto all'idea da me già espressa riguardo il suo predecessore. Ma ho voluto anche in questo caso concedermi un po' di tempo in più prima di stendere queste righe, approfittando pure del bellissimo concerto di Milano del 25 novembre scorso per vedere se risollevare almeno in parte le mie opinioni su un album che non partiva certo col piede giusto. Poco nobile fin nelle intenzioni questo mio ultimo tentativo per salvare gli W.A.S.P. in questo 2004, il loro show non ha fatto altro che confermare le mie impressioni su quello che riesce meglio alla band, specie dal vivo: prendere a calci in culo a suono di rock'n'roll, come in pochi sanno ancora fare. I due brani estratti dai due dischi usciti in questi mesi mi hanno spinto a riprendere in mano i rispettivi lavori con uno sguardo diverso, subito appena finito il concerto, a esaltazione massima quindi. Ok, vai con "Come Back To Black" tratta proprio da questo "part 2", uno degli episodi di certo più convincenti, ma che per ovvi motivi si ridimensiona subito ai miei occhi rispetto all'esecuzione live. Stupido paragone forse, ragionevole osservazione, ma dalla traccia numero 6 in avanti, e ritorno passando dal via, questo secondo episodio del concept intitolato "The Neon God" mi scivola addosso con allarmante semplicità, in maniera più scorrevole e se vogliamo gradevole del suo predecessore, più sostenuto, meglio strutturato e coinvolgente (questi i motivi che gli valgono la sufficienza di cui sotto), ma di certo di qualità inferiore rispetto a quanto fatto dalla stessa band nel più recente passato. Ora non saprei come giudicare questi due dischi, forse una "summa" dei migliori episodi contenuti in entrambi (e al diavolo i concept e le trame testuali) avrebbero notevolmente giovato al risultato complessivo, o forse ho sbagliato io a interpretare quanto qui proposto, il dubbio resta. Quello che invece abbiamo ora tra le mani sono due dischi mediocri, uno un po' meglio dell'altro ma che non molto riescono ad offrire, pur sommati tra loro, all'ascoltatore.
Il mio augurio è che, toltosi un'altra volta lo sfizio del concept, Blackie Lawless possa tornare ad entusiasmare il suo pubblico con quello di cui veramente ha bisogno: "it's only rock'n'roll but I like it!".
Recensione a cura di Marco 'Mark' Negonda

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