Copertina 7

Info

Anno di uscita:2014
Durata:58 min.
Etichetta:SPV/Steamhammer

Tracklist

  1. THE INQUISITORIAL PROCEDURE
  2. TOWER OF LIES
  3. LONG WAY TO GO
  4. BURNING CHAINS
  5. WHEN TRUTH HURTS
  6. CHANGING TIMES
  7. TOUCHING HEAVEN
  8. HIGH ABOVE
  9. HEY HEY MY MY
  10. INTO THE STORM

Line up

  • Johnny Gioeli: vocals
  • Axel Rudi Pell: guitars
  • Ferdy Doernberg: keyboards
  • Volker Krawczak: bass
  • Bobby Rondinelli: drums

Voto medio utenti

Due certezze si possono avere nella vita: i governi ballerini in Italia e un disco di Axel Rudi Pell ogni due anni. Mentre i primi portano soltanto malumori e rabbia, per quanto riguarda il secondo si va sul sicuro. Questo perché il biondo chitarrista tedesco, nonostante la ripetitività dei suoi lavori, riesce in ogni caso a mantenersi su livelli decisamente alti, a dimostrazione del fatto, se mai ce ne fosse bisogno, che per avere un buon disco non è indispensabile sperimentare soluzioni astruse o comunque lontane dal proprio stile. A maggior ragione, poi, quando lo stile è ormai consolidato come in questo caso. Certo, se non amate troppo i riferimenti alle grandi band del passato “Into the storm” non fa al caso vostro, in quanto, come sempre d’altra parte, i richiami ai Rainbow sono frequenti e palesi. Ma questa non è certo una novità, è noto l’amore incondizionato di Pell nei confronti di Ritchie Blackmore.

Ciononostante i brani sono come al solito di valore, sia se parliamo di quelli più diretti e grintosi (“Burning chains”, “Tower of lies”, non a caso posta in apertura, o “Changing times”), sia se il ritmo cala un po’ e si assesta su potenti mid tempo (“Long way home”, “Touching Heaven”, “High above”). Chi conosce un minimo la discografia di Pell sa che nei suoi dischi non possono mancare un paio di ballad, ed ecco quindi “When truth hurts”, non eccezionale, a dirla tutta, così come è un classico, ormai, la presenza della mini suite, posta sempre in coda al CD. In questo caso si tratta proprio della titletrack, punto di forza dell’album, e summa dello stile del chitarrista, con i richiami orientali che da sempre fanno parte del suo DNA.

Fin qui nulla di nuovo, quindi. Per riuscire a trovare una novità in questo “Into the storm” dobbiamo dare uno sguardo alla line up, in quanto l’episodio più significativo risiede nel fatto che Mike Terrana, storico batterista della band, è stato sostituito dopo quattordici anni di militanza, e non da un pischelletto qualsiasi, bensì da Bobby Rondinelli (ecco che i legami con i Rainbow tornano prepotentemente), che ha svolto il suo lavoro in maniera più che egregia, da grande professionista qual è. Così come impeccabile, e neanche questa è una novità, è il lavoro di Johnny Gioeli, ormai punto cardine della band, che sfodera come sempre una prestazione potente, pulita e calda, che dona quel famoso quid in più ai brani. Su Axel non mi pronuncio, ormai il suo stile è consolidato grazie a venticinque anni di carriera, quindici album in studio e un’infinità di live, e non si discosta, quindi, da quanto proposto in passato. Per quanto possa subire l’influenza di Blackmore, il nostro riesce comunque, soprattutto in fase solista, a piazzare diverse chicche nei suoi album. Mi ha spiazzato un po’, invece, la cover del classicone di Neil Young “Hey hey my my”, non me l’aspettavo da Pell. Devo dire, però, che nonostante il gruppo l’abbia fatta propria e quindi l’abbia riproposta nel proprio stile, funziona ugualmente… complimenti!

Che dire… un ottimo esempio di come suonare hard rock di classe, forse uno dei pochi esempi di musica veramente ben fatta, in questo ambito, da parte di qualcuno appartenente alla seconda generazione, e che non ha alcuna intensione di mollare. Un bell’esempio per le giovani band che hanno certamente molto da imparare a livello armonico e compositivo dal nostro tedescone, e se i risultati sono questi, ben vengano l’immobilismo sonoro e qualche richiamo ai Rainbow…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 06 mar 2014 alle 21:51

Certo, come dire che mia nonna fa una torta che il pesce bollito di Cracco manco la vede. Che razza di paragoni....

Inserito il 06 mar 2014 alle 09:45

contiene "Towers of lies" che già da sola è meglio di tutto l'album degli Iron Savior...quanto meno diciamo sempre un onesto lavoro

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