Copertina 4

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2002
Durata:70 min.
Etichetta:Inside Out
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE TRUTH WILL SET YOU FREE
  2. MONKEY BUSINESS
  3. BLACK AND WHITE
  4. CHRISTIANOPEL
  5. SILENT INFERNO
  6. THE NAVIGATOR
  7. VOX HUMANA
  8. GENIE IN A BOTTLE
  9. FAST LANE
  10. GRAND OLD WORLD
  11. SOUL VORTEX
  12. ROLLIN' THE DICE
  13. THE DEVIL´S DANCESCHOOL
  14. MAN OVERBOARD
  15. SOLITARY SHELL
  16. DEVIL´S PLAYGROUND

Line up

  • Hasse Fröberg: vocals
  • Roine Stolt: guitars
  • Tomas Bodin: keyboards
  • Jonas Reingold: bass
  • Zoltan Csörsz: drums

Voto medio utenti

Ebbene sì, se sostenessi d'aver intrapreso con piacere i diversi ascolti successivi al primo, riferendomi a questo "Unfold The Future", starei mentendo spudoratamente.
Forse siamo ad un punto focale della discografia di Roine Stolt e soci. Conosciamo bene la validità, l'esperienza degli artisti in questione e le buone realizzazioni passate come "Back In The World Of Adventures", "Retropolis".....ma ormai altrettanto bene anche tutte le palesi influenze, le ripetute idee e luoghi comuni riciclati fin troppo in albums successivi oltremodo simili fra loro.
Già il precedente "Rainmaker" aveva evidenziato una certa stanchezza compositiva, forse dovuta alla troppo serrata attività discografica sia della band stessa che dei suoi singoli elementi, con ulteriori e ripetuti progetti paralleli.
Ora "Unfold The Future" ne rappresenta inevitabilmente un ulteriore stadio avanzato, tanto da pensare che un futuro album di simile caratura potrebbe davvero costituire il punto di non ritorno di una band che da un po' sembra andare avanti unicamente per forza d'inerzia.
Troppo pochi gli spunti per lo meno interessanti ed in più dispersi, irrimediabilmente nascosti nell'arco di ben due cd zeppi di tanta musica in eccesso.
Troppa monotonia, piattume e noia spacciati per momenti ariosi, introspettivi, atmosferici, d'improvvisazione: infiniti, interminabili deserti strumentali dove l'aridità regna immobile e sovrana.
La pecca ulteriore dell'album è proprio la sua logorante durata, che non fa che amplificare in pachidermiche proporzioni tutti i difetti sin ora elencati. Dovendo scegliere, meglio il secondo cd che il primo, mortalmente soporifero.
A poco servono la presenza di inserti di strumenti come tromba e sax, di arrangiamenti percussionistici, squarci di world music, richiami a Zappa, alcuni inserti d'aroma jazzistico e l'impalpabile presenza come ospite di Daniel Gildenlöw a rendere "differente" una realizzazione che in realtà non lo è affatto.
Confidiamo nell'intelligenza e nell'autoanalisi di bravi e navigati musicisti quali sono i Flower Kings per il futuro..
Recensione a cura di Fulvio Bordi

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