Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2013
Durata:47 min.
Etichetta:Nuclear Blast

Tracklist

  1. 1985
  2. THRASHER'S ABATTOIR
  3. CADAVER POUCH CONVEYOR SYSTEM
  4. A CONGEALED CLOT OF BLOOD
  5. THE MASTER BUTCHER'S APRON
  6. NONCOMPLIANCE TO ASTM F 899-12 STANDARD
  7. THE GRANULATING DARK SATANIC MILLS
  8. UNFIT FOR HUMAN CONSUMPTION
  9. 316 L GRADE SURGICAL STEEL
  10. CAPTIVE BOLT PISTOL
  11. MOUNT OF EXECUTION

Line up

  • Jeff Walker – vocals, bass
  • Bill Steer – vocals, guitars
  • Dan Wilding – drums

Voto medio utenti

Se ci fosse un misuratore delle aspettative, "Surgical Steel" avrebbe sicuramente fatto impazzire i rilevatori a livello globale. Dura immaginare il contrario, i Carcass sono i Carcass e difficilmente, quando si pensa al death metal e al grindcore nelle loro forme più riuscite, si può prescindere dal ricordare con piacere ed esaltazione album quali "Necroticism" e "Heartwork", così come è difficile non indicare "Symphonies of Sickness" e "Reek of Putrefaction" come opere ispiratrici di tutto un filone etichettato ora come gore grind ora come pathological death metal (veramente, la fantasia non ha limiti) e, per i meno puristi, anche l’innovazione e la svolta seventies che i quattro inglesi imposero al loro sound con "Swansong", fu criticata, gradita, idolatrata a seconda delle preferenze personali. Varie tappe di maturità, vari generi influenzati, una grande costante che si è ripresentata di album in album: un’elevatissima, cristallina qualità compositiva o, se si è in vena di apprezzamenti e romanticherie, talento.
Ogni album dei Carcass trasuda idee valide, è composto da brani che hanno fatto la storia del metal estremo e che ne hanno definito via via i confini, gli stili, i cliché, spostandone al contempo ogni volta i confini un po’ più in avanti, dimostrando che il buon gusto e la sperimentazione possono sempre andare a braccetto, che la melodia e la composizione ragionata possono coniugarsi alla furia e alla violenza sonora.
La notizia dell’uscita di "Surgical Steel" ha galvanizzato un po’ tutti. Certo, son passati un bel po’ di anni dall’ultima uscita, per l’esattezza 17, non c’è più Ken Owen per ovvie ragioni di salute e, dopo un paio di reunion tour, Bill Steer e Jeff Walker sono rimasti pure orfani di Michael Amott. Tuttavia, un album dei Carcass, anche con tutti questi caveat, anche nel 2013, resta pur sempre un album dei Carcass.
Ovviamente sarebbe stato stupido oltre ogni misura aspettarsi un Heartwork/Necroticism Part II, anche e soprattutto perché, semplicemente, è passato troppo tempo, il gruppo non è più lo stesso e, in tutta onestà, una mossa simile avrebbe messo la pietra tombale su ogni possibile dubbio riguardo l’eventualità che questa non sia una potente mossa commerciale (spero che ormai anche il fan più sfegatato sia in grado di rimuovere le proverbiali fette di prosciutto dagli occhi di fronte ad avvenimenti simili). Tuttavia, per loro natura e storia, i Carcass hanno sempre abituato il proprio pubblico ad associare il loro nome con l’idea di evoluzione del sound, di auto-miglioramento a prescindere dalla direzione artistica intrapresa e dallo sforzo tecnico in valore assoluto profuso nell’opera, e questo era ben lecito aspettarselo.
In breve: "Surgical Steel" è un buon album di death metal “moderno”, scritto da un chitarrista davvero valido e con la testa negli anni Ottanta (nel miglior senso possibile che l’espressione può avere). Se si dovesse definire l’album basterebbe questo, così come basterebbe ascoltare l’intro "1985", melodica da lacrimuccia, l’opener "Thrasher’s Abbattoir", bella serrata, violenta, ignorante al punto giusto, seguita dall’ottima "Cadaver Pouch Conveyor System", picco qualitativo dell’album, per capire che ci troviamo di fronte a un lavoro ben fatto, ottimamente composto ed eseguito da persone che, del genere, ne sanno a palate. "Noncompliance to ASTM F 899-12 Standard" e "Captive Bolt Pistol" sono altre due belle canzoni, che dimostrano come Steer sappia manipolare la melodia a suo piacimento facendo restare alto il livello di violenza all’interno della canzone, così come "The Granulating Dark Satanic Mills" strizza sorniona l’occhio a quanto fatto in certe canzoni di "Swansong".
Solo rose e fiori quindi? Dipende da cosa si cerca in questo disco.
Se le vostre pretese sono quelle di ascoltare un bel disco di death metal, tecnico al punto giusto, ben suonato, ottimamente composto e solido da far paura, fiondatevi su "Surgical Steel", non ne rimarrete delusi, lo ascolterete un numero indefinito di volte e vi slogherete l’osso del collo a furia di scapocciare.
Qualora invece voi steste aspettando il “disco nuovo dei Carcass” in senso stretto, ossia quel disco che avrebbe fatto fare al sound del gruppo un passo in avanti in quanto maturazione rispetto dove Steer e compagnia avevano interrotto 17 anni fa il discorso, mi dispiace, ma rimarrete irrimediabilmente e profondamente delusi.
Ovviamente scordatevi tutto quanto potesse suonare come "Swansong", a quanto pare qualcuno ha detto ai Carcass che “quella roba non vende” e quindi non è da suonare. Anzi, semmai qualcuno avesse ipoteticamente dato un consiglio ai due residuati della formazione originale, ascoltando il risultato credo proprio che abbia raccomandato loro di comporre qualcosa che potesse ricordare il periodo tra "Necroticism" e "Heartwork" e che potesse essere di seguito opportunamente ammodernato, con un drumming meno essenziale e più estremo rispetto a quello di Ken Owens, una produzione ovviamente più contemporanea e delle soluzioni che non strizzassero troppo l’occhio a quel che era stato prodotto in passato per evitare l’effetto amarcord. Per farla ancora una volta breve, una sorta di rielaborazione di quanto fatto in passato e nemmeno tutto, rimasticato, ricomposto più con la testa che con il cuore e riproposto con una veste nuova e appetibile.
Sotto questo profilo, "Surgical Steel", è una bella botta di delusione, non perché sia un brutto disco, ci mancherebbe, ma perché sa dannatamente troppo di mestiere e di palanche. È un lavoro di gran bravura e di rimaneggiamento stilistico, ma manca un sacco di quello spirito, di quel genio che ha reso unici e antemici pezzi come "Corporal Jigsore Quandary", "No Love Lost", "Buried Dreams" e la stessa "Heartwork" o le più rockeggianti "Keep On Rotting In The Free World", "R**k The Vote" e tanti altri ancora. Si sente che è un disco di una mezza reunion e si sente la mancanza di Amott.
Da prendere così com’è, un buon disco, anche se, complici i capelli grigi, non farsi venire il sangue amaro è discretamente difficile in questi casi.
Recensione a cura di Antonio Enoth Cassella
Confermo

D'accordo con la recensione. L'album suona veramente bene, ma non aggiunge nulla di nuovo alla storia dei Carcass. Forse con Ammott, o forse no ... Detto questo credo tornerò a comperare un CD dopo anni ... i Carcass sono i Carcass!

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 14 set 2013 alle 10:38

Non mi dispiace completamente. Poteva venire fuori nettamente peggio. Non rimarrà nella memoria ma non è da buttare nel cesso a priori

Inserito il 12 set 2013 alle 23:06

Non ti preoccupare nn sei il solo Graz...questo album fa il paio con l'ultimo Paradise Lost...falso, vuoto, studiato a tavolino e assolutamente inutile! Quando voglio ascoltare i Carcass ho sempre i miei primi 4 album ( a secondo del mood del momento) quando mi prende un attacco di stitichezza posso sempre usare "Surgical Steel" , in fondo è comunque un album utile...

Inserito il 12 set 2013 alle 19:04

concordo con laura, si lascia ascoltare ma lascia ben poco secondo me

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