Copertina 5,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2013
Durata:43 min.
Etichetta:Agonia Records

Tracklist

  1. REVELATION IN THE WATERS
  2. VENOM OF THE UNDERWORLD
  3. DEMONESS WITH SEVEN NAMES
  4. CARVING A TEMPLE
  5. EYES OF THE EARTH
  6. RISING BEAST
  7. BLACK TESTAMENT

Line up

  • Ornias Vocals, Guitars

Voto medio utenti

Gli Svartsyn non sono mai stati una band fondamentale nell’affollatissimo panorama estremo scandinavo, ma nel corso della loro lunga carriera (iniziata ormai nel 1993) hanno saputo regalarci dei momenti di pura glacialità black, basti ricordare il debut “The True Legend” , ristampato lo scorso anno dall’Agonia Records, ma anche nel resto della loro carriera hanno saputo assestare qualche buon colpo, mi viene da pensare a “…His Majesty” o a “Bloodline” , e in particolare quest’ultimo li ha visto sparare l’ultimo colpo in quanto a black metal classico visto che dal seguente “Timelesse Reign” le cose sono cambiate e non poco… Pur non essendo mai stati degli innovatori gli Svartsyn potevano comunque dire la loro in quanto a freddezza e bestialità, ma come accennato, dal 2005 in poi la band di Ornias si è dedicata anima e corpo alla venerazione degli Immortal. In particolare della band di Abbath hanno preso “Damned In Black” e “Sons Of Northern Darkness” , come numi tutelari, e sulla scia di questi due album hanno “creato” ben tre studio album. Il nuovo “The Black Testament” , purtroppo, non è altro che il quarto capitolo della saga copiereccia degli Svartsyn…A tal proposito è sufficiente ascoltare le due songs che aprono l’album, “Revelations On The Water” e “Venom Of The Underworld” , per decidere di mettere fine prematuramente all’ascolto…Chiariamoci subito, i sette pezzi dell’album non sono male, ma sfido chiunque abbia a cuore l'estremismo sonoro a non provare un certo fastidio nell’ascoltare cotanta mancanza di inventiva e originalità. E’ vero che il metal estremo non è mai stato particolarmente brillante in fatto di originalità, ma spacciare per propri brani altrui è chiaramente un reato, ancor più grave se prendiamo pezzi come “Carving A Temple” , “Rising Beast” o la title track, che pur non essendo niente di epocale, risultano comunque un po’ più personali e quindi più piacevoli all’ascolto… “The Black Testament” avrebbe potuto permettere agli Svartsyn di uscire dal dimenticatoio nel quale erano caduti, invece le scelte (sbagliate) in fase di songwriting non possono far altro che affossare le residue ambizioni della band. Peccato.

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