Blood of the Sun - Burning On The Wings Of Desire

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2012
Durata:39 min.
Etichetta:Listenable Records

Tracklist

  1. LET IT ROLL
  2. BURNING ON THE WINGS OF DESTINY
  3. CAN’T STOP MY HEART
  4. BRINGS ME DOWN
  5. ROCK YOUR STATION
  6. GOOD FEELING
  7. THE SNITCH
  8. GOOD AND EVIL

Line up

  • John O’Daniel: vocals
  • Rusty Burns: guitar
  • Tony Reed: bass
  • Dave Gryder: keyboards
  • Henry Vasquez: drums

Voto medio utenti

La carriera dei Blood of the Sun è cominciata intorno al 2002 per volontà del batterista Henry Vasquez (Saint Vitus) e del tastierista Dave Gryder. Dopo aver reclutato ottimi elementi come il cantante Mark Zammeron (Las Cruces), un paio d’anni dopo era uscito il primo full-lenght omonimo per la Brainticket. In quel momento il gruppo era fortemente influenzato dallo stoner e dal retrò-rock, pur se il risultato finale evidenziava una buona venatura di hard rock aggressivo. Successivamente si sono verificati numerosi rimpasti di line-up, arrivati a coinvolgere musicisti di buona fama come Derek St.Holmes, già nella band di Ted Nugent.
Proprio quando la parabola dei texani pareva destinata alla conclusione, i due fondatori si sono rimboccati le maniche mettendo insieme uno schieramento nuovo di zecca. Adesso esce il loro quarto album, che porta una leggera variazione stilistica rispetto al passato. Si nota l’avvicinamento ad un energico hard boogie rock, ricco d’intensità e solcato da vibrazioni southern.
Ad esempio “Let it roll”, opener del disco, è una canzone di grande impatto, una potente alternanza di assoli chitarristici ed interventi di Hammond alla Deep Purple. Invece la title-track mostra un feeling più “sudista”, vagamente Molly Hatchet, dove brilla il vocalist John O’Daniel dal timbro potente ed acuto, mentre “Can’t stop my heart” è rock all’ennesima potenza, con uno scintillante respiro melodico a metà tra Grand Funk e Leadfoot.
Si continua così fino alla corposa “Good and evil”, nella quale emergono echi doomeggianti alla Hidden Hand/Shrinebuilder, con il disco che si mantiene su livelli d’interesse più che buoni.
Vi sono senz’altro riferimenti agli anni ’70, ma come può averli qualsiasi formazione che reinterpreta gli stilemi classici del rock più sferzante e grintoso, quindi la solita etichetta “vintage” è davvero superflua. I Blood of the Sun, malgrado la cronica instabilità degli elementi, tornano con un grande esempio di hard rock fiammeggiante e la loro ricomparsa sulle scene non può che far piacere a tutti gli appassionati.

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