Copertina 9

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2012
Durata:57 min.
Etichetta:My Graveyard Productions

Tracklist

  1. NIHIL ALIQUD QUAM SUPERSTITIONE
  2. CALLISTUS WAKE
  3. TALE OF TWO BROTHERS (REMUS AND ROMOLUS)
  4. BYZANTINUM
  5. BRITANNIA
  6. THE NORTHERN EDGE
  7. HANNIBAL (SONS OF AFRICA)
  8. OMENS
  9. IDES OF MARCH
  10. THE SCOURGE OF GOD
  11. ELISSA
  12. BURN BABY BURN (MAGNUM INCENDIUM ROMAE)
  13. ARE YOU AFRAID TO DIE?
  14. SPARTACUS

Line up

  • Freddy: vocals
  • Andy Menario: guitars, keyboards
  • Derek Maniscalco: bass
  • Umberto Spiniello: drums
  • Marco Roberto Capelli: lyrics, english narrations, dialogues
  • Maria Luisa Donatiello: flute
  • Paolo Drigo: bass, baritone voices
  • Sandra Tedeschi: latin reading
  • Giuseppe Butera: latin narration

Voto medio utenti

Assorbire una defezione come quella di Richard Martin Anderson (tornato nei Warlord, con i quali sarà chiamato, in una sorta di singolare inversione di ruoli, a confermare quanto di strabiliante ha realizzato lontano da quell’esperienza …), così importante nell’economia sonora dei Martiria, non era sicuramente un impegno agevole e, a scanso di equivoci, diciamo subito che l’ardua impresa viene portata a termine con successo.
Questo non significa che un pizzico di rammarico per tale separazione non ristagni proprio lì in fondo al cuore, dove albergano le sensazioni più radicate e profonde, ma questa percezione non è tanto legata alla prestazione del suo sostituto, complessivamente ottima peraltro, quanto all’affetto che i fans storici del gruppo nutrivano per quella laringe così speciale e per la favolosa alchimia che si era creata in seno alla band romana.
In questo modo, anche se Freddy non è Richard, e non sarebbe nemmeno giusto “aspettarsi” che lo sia, la sua voce non stravolge il contesto artistico e si amalgama piuttosto bene al suono sensibile, drammatico e altamente evocativo dei nostri, che con “Roma S.P.Q.R.” tornano alla celebrazione dell’Impero Romano (già in qualche modo onorato nell’esordio “The eternal soul”) attraverso un percorso narrativo ancora una volta di rara ispirazione e classe, ben lontano, dunque dalle banalità di tante forme di superficiale e “spettacolare” apoteosi.
Nessuna ombra di opportunismo nell’adottare un tema già ampiamente sfruttato e da un po’ tornato in auge (attraverso film, serie televisive, …), dunque, bensì l’ormai consolidata arte poetica di Marco Roberto Capelli impegnata nel descrivere miti, ambienti, circostanze e personaggi straordinariamente affascinanti e avvincenti, capaci ancora di stimolare vibranti suggestioni nonostante il bombardamento operato dai libri di scuola e dai media.
Musicalmente siamo di fronte all’ennesimo moloch edificato sulla grandeur epico-gotica di Sabbath, Warlord e Candlemass e tuttavia ormai diventato, nelle sapienti mani di questa nobile legione capitolina, un’entità “originale”, che dai grandi del passato mutua anche la voglia di “crescere” disco dopo disco, anche solo offrendo una diversa prospettiva del proprio credo espressivo.
La formula stilistica selezionata per “Roma S.P.Q.R.” alterna con sagacia soluzioni più “dirette” ad improvvisi squarci doom, enfasi impetuose a delizie acustiche, il tutto ornato da preziose raffinatezze armoniche e da brevi recitati in inglese e latino (integrati nel magnifico booklet da citazioni letterarie e cinematografiche), in grado di rendere l’incessante stimolazione immaginifica ancora più incisiva.
In tale situazione emerge ulteriormente la creatività, la vocazione e la distinzione di Andy Menario, un musicista e compositore che non smette di sorprendere per come riesce sempre a fornire una netta impressione di “dominio” assoluto della “materia”, con l’impegno e l’ambizione di chi vuole andare costantemente un passetto “oltre” e non ha bisogno di ricorrere all’ausilio dell’anthem “ad effetto” per conquistare l’ascoltatore appassionato.
Estimatore che per cogliere fino in fondo l’anima di questa musica dovrà forse svincolarsi leggermente dal concetto del “capire tutto e subito” (e non è una novità …), e che nonostante ciò fin dal primo contatto non farà troppa fatica a lasciarsi avvolgere dall’invincibile mid-epic “Callistus wake”, dalla maestosa e disinvolta heavyness di “Tale of two brothers (Remus and Romolus)” (lievemente meno efficace, invero), dal rabbrividente clima di magniloquenza ossianica offerto da “Byzantinum” o ancora dall’atmosfera eroica di “The northern edge”, ingemmata da un break che sollecita l’immagine di una “Kashmir” suonata nel regno di Ade.
“Hannibal (sons of Africa)” combina con il solito carisma l’arte dei “Signori della Guerra” californiani e le tendenze maggiormente recenti del metallo glorioso e “Ides of march” evoca il celebre Cesaricidio attraverso un misto di melodramma e poesia a cui, probabilmente, per un coronamento assoluto, manca appena un briciolo di superiore tensione emotiva sotto il profilo vocale.
Spietatezza “divina” e pomposità “votiva” innervano “The scourge of God”, “Elissa” consente di cavalcare al fianco della leggendaria Didone nella sua peregrinazione e di assistere alla sua tragica e animosa fine, nell’atavico conflitto tra amore e odio, mentre la titanica “Burn baby burn (Magnum incendium Romae)” inscena il delirio distruttivo per cui è ricordato Nerone sfruttando una sulfurea esalazione di marca Sabs / Candlemass.
Degno epilogo di un albo di altissimo livello appare infine “Spartacus”, in cui l’animus pugnandi de "lo schiavo che sfidò l'Impero" diventa un’ulteriore dimostrazione di “forza” e “ardimento” compositivo, dove l’andatura è decisa e incalzante e il pathos epico è tangibile e non convenzionale.
I Martiria sono inequivocabilmente da annoverare tra i grandi dell’heavy metal … è già da un po’ che lo sostengo e oggi lo ribadisco per l’ennesima volta con immutata convinzione.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 29 ott 2012 alle 02:13

Secondo me il loro migliore resta "The Age Of The Return" concept bibblico incentrato su l'Arcangelo Michele e Lucifero

Inserito il 26 ott 2012 alle 11:46

Questi li voglio recuperare.Quali sono i dischi del passato più ispirati?

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