Copertina 8

Info

Anno di uscita:2012
Durata:52 min.
Etichetta:Frontiers Records
Distribuzione:Frontiers Records

Tracklist

  1. HIGH TIMES
  2. CAN'T BE RIGHT
  3. FUTURE PAST
  4. WHEN YOU LOVE SOMEONE
  5. HERE I AM
  6. BEAUTIFUL MYSTERY
  7. BREAK ME DOWN
  8. END GAME
  9. GYPSY ROAD
  10. CAN'T MISS 2012
  11. FIGHT FOR YOUR LIFE

Line up

  • Michael Thompson: guitars, keyboards
  • Larry King: vocals
  • Khari Parker: drums
  • Alan Berliant: bass
  • John Blasucci: guest on keyboards
  • Dave Hiltebrand: guest on bass in “When You Love Someone”, “Beautiful Mystery”, “Future Past”, “Here I Am”, “Break Me Down”
  • Matt Walker: guest on drums in “High Times”
  • Sahara Thompson: guest on background vocals in “Can’t Miss”
  • J.P. Delaire: guest on keyboards, background vocals, sax in “Can’t Miss”

Voto medio utenti

Sono ormai (ahimè) circa vent’anni che sono pronto.
Dopo aver sottovalutato la portata di “How long” e averlo poi inseguito per molto tempo (diciamo fino alla ristampa del 2007, che in qualche modo anticipava questo ritorno), non potevo proprio farmi trovare impreparato alla seconda prova discografica della Michael Thompson Band, uno di quei nomi di “culto” (qualche altro esempio? Balance, Orion The Hunter, I-Ten, New Frontier, gli stessi The Strand del singer originale della MTB …) a cui è tenacemente legato il concetto stesso di rock adulto yankee.
Ed eccoci, dunque, forti di tanta preparazione, giunti alla sospirata “prova d’ascolto” di questo “Future past”, a dover affrontare la prima ansiogena “sorpresa” della situazione e cioè l’assenza dello storico vocalist Rick “Moon” Calhoun, così importante, con la sua laringe vellutata e pastosa, nell’economia delle pulsanti dilatazioni atmosferiche tipiche del gruppo.
Niente paura, perché il sostituto, Larry King, è uno dei cantanti “emergenti” (al pari della sua band “madre”, i Soleil Moon, che vi consiglio, se ancora non l’avete fatto, di recuperare immantinente …) più interessanti del settore e dimostra di essere capace di interpretare assai bene, con la sua timbrica affabilmente granulosa (qualcosa tra Bob Catley e John Miles, semplificando la questione …) le composizioni del disco, candidandosi come un nuovo plausibile partner (le “affinità elettive” con Calhoun sono qualcosa di veramente difficile da replicare) per il fraseggio elegante, misurato e vibrante di Mr. Thompson.
L’albo è, infatti, una convincente prosecuzione del magistrale debutto, si offre al pubblico degli AOR-sters come una collezione di note pregne di pathos, vitalità e raffinatezza, rigorose nello stile eppure anche sufficientemente “fresche” da non apparire supinamente “nostalgiche”, contrassegnate dalla fondamentale peculiarità di essere completamente assoggettate alla causa della “forma canzone”, alla fine autentica “carta vincente” del programma.
La magia estetizzante della Band di Michael Thompson scorre intatta fin dall’opener “High times”, un momento davvero irretente (con un pizzico di certi Van Hagar nell’impasto), immediatamente doppiato dalle atmosfere notturne, ariose e conturbanti di “Can't be right”, mentre tocca alla title-track aumentare ulteriormente il livello di soddisfazione cardio-uditiva degli appassionati, sfruttando un crescendo emotivo di rara suggestione, puntellato dalla chitarra sempre vivace, aristocratica ed incisiva del titolare della testata.
“When you love someone” è un gioiellino romantico contraddistinto da un prezioso tocco celtico degno del miglior Catley, “Here I am” tenta un avvicinamento a realtà “radiofoniche” maggiormente contemporanee, ottenendo buoni risultati, e meritano una dovuta menzione anche la melodia rarefatta e solare di “Beautiful mystery”, i tenui bagliori dell’Alan Parsons Project di "Eye in the sky" riscontrabili in “Break me down”, la melodrammatica ascensione armonica di “End game”, la soffusa e rootsy “Gypsy road” e una discreta “Fight for your life”, che chiude in maniera sofisticata, intensa e “corale” un lavoro che comunque ha già dato in precedenza il meglio di sé.
Non rimane che spendere due parole per la rivisitazione dell’effervescente “Can't miss” (uno dei tanti hit del debutto), conferma che una bella canzone rimane tale a dispetto del tempo, e terminare questa disamina con un dubbio e una certezza … non saprei dire se “Future past” è uno di quei capolavori di cui ci si ricorderà tra più di quattro lustri, ma posso affermare con solida convinzione che è un disco degno di enorme considerazione.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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