Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2004
Durata:46 min.
Etichetta:Southern Lord
Distribuzione:Wide

Tracklist

  1. CENTURIES OF SIN (CRONOS)
  2. RED WAR (MAX CAVALERA)
  3. SHAKE YOUR BLOOD (LEMMY)
  4. ACCESS BABYLON (MIKE DEAN)
  5. SILENT SPRING (KURT BRECHT)
  6. ICE COLD MAN (LEE DORRIAN)
  7. THE EMERALD LAW (WINO)
  8. BIG SKY (TOM G. WARRIOR)
  9. DICTATORSAURUS (SNAKE)
  10. MY TORTURED SOUL (ERIC WAGNER)
  11. SWEET DREAMS (KING DIAMOND)

Line up

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Un bel gioco divertente. Una fantasia adolescenziale che diventa realtà. Nei panni e con le possibilità di Dave Grohl avrei fatto la stessa cosa, chiamare a raccolta i miei eroi del metal e suonare insieme a loro per rivivere di persona le meravigliose sensazioni provate ascoltando i dischi degli anni ’80.
Questa è la sostanza del progetto Probot, qualcosa a metà tra l’enciclopedia dell’heavy metal e la raccolta delle figurine che si faceva da bambini.
Grohl ha mirato in alto, reclutando una dozzina di celeberrimi personaggi-cantanti del settore (ed altri sono sfuggiti per un soffio, pronti magari per la prossima volta..) componendo e suonando per ciascuno di loro una canzone che ne ricalca perfettamente lo stile e l’attitudine.
Il risultato è un riassunto di quanto accaduto nel periodo comunemente riconosciuto come il più importante della storia metal, non male per uno che fino a ieri era snobbato come molliccia icona grunge all’ombra del povero Cobain. Ma la recente esaltazione vicino ad Homme ed Oliveri deve aver fatto ricordare all’ex-Nirvana i felici giorni lontani, quando agitava la giovane chioma al suono di “Ace of spades” o “Black metal”, e la dolce nostalgia si è trasformata in un’antologia definibile soltanto come “puro heavy metal”.
Stupisce la versatilità del musicista, che oltre ad imbracciare ogni strumento si è perfettamente calato in situazioni stilistiche molto diverse tra loro, risultando sempre credibile e mostrando una conoscenza della materia assai più profonda di tanti praticanti di superfice, bravissimi ad interpretare la macchietta del true-metaller ma paurosamente impreparati nella sostanza.
Analizzare il disco traccia per traccia mi sembra inutile, visto che ogni canzone è ritagliata intorno a chi la canta ed alla sua band di provenienza e direi che nessuno dei partecipanti necessita di presentazione o spiegazioni, a meno di ignorare del tutto le basi dell’heavy metal.
Undici stili metal differenti, undici episodi ovviamente non omogenei (ma pare che nella versione definitiva ci sarà una ghost-track a sorpresa..), alcuni ottimi altri meno, con un indice di gradimento funzionale ai propri gusti musicali. Un amante del doom come il sottoscritto apprezzerà la forza drammatica di “The emerald law” con il maestro “Wino” Weinrich o la gelida teatralità di “Ice cold man” in puro Cathedral-style, altri preferiranno il tiro modernista e rabbioso “Red war” grazie a Cavalera oppure l’ortodossia metallica dell’inaffondabile King Diamond, i cui inconfondibili acuti chiudono il lavoro con “Sweet dreams”. Praticamente tutti omaggeranno il totem Lemmy e magari anche i mai abbastanza lodati Voivod, qui rappresentati dal vocalist Snake e dall’artwork futurista ad opera di Away.
Peccato per la quasi totale assenza di assoli e per alcuni episodi che destano perplessità, uno su tutti quello con Tom Warrior, ma nel suo insieme l’esperimento si può dire riuscito.
Casomai fa riflettere il fatto che per ottenere una buona antologia di heavy metal classico si sia dovuto attivare un musicista che col metal ha poco da spartire, pubblicandola oltretutto per una label specializzata in stoner-doom. Misteri del mercato musicale.
Ho dubbi sull’interesse che susciterà tra il pubblico dei metallari, al quale chiaramente si rivolge. Certo è una bella adunata di grossi calibri, ma quanti oggi desiderano ascoltare l’ennesimo pezzo dei Motorhead o dei Trouble, specialmente se composto da un “impuro” come Grohl? D’altro canto il leader dei Foo Fighters ha fama di Re Mida musicale, il suo nome è garanzia di successo (ne sanno qualcosa i QotSA..) e non mi sorprenderei fosse così anche per Probot. In definitiva una raccolta intrigante, diversa dal solito, ed un pizzico di maliziosa sfida tipo “ve lo faccio vedere io chi è il vero metallaro” che mi provoca istintiva simpatia.

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